Onorevoli Colleghi! - La Giunta delle elezioni ha deliberato di proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare dell'onorevole Giuseppe Drago, proclamato nella XXV Circoscrizione Sicilia 2, e la proclamazione in suo luogo del candidato Giuseppe Gianni.
I fatti e le ragioni che hanno indotto la Giunta, nella seduta pubblica del 6 ottobre 2010, a pronunciarsi in tal senso sono di seguito esposti.
1. La proclamazione dell'onorevole Drago.
L'onorevole Giuseppe Drago, candidato per la lista Unione di Centro nella XXV Circoscrizione Sicilia 2 (posto di lista n. 3), è stato proclamato deputato dal Presidente provvisorio della Camera nella seduta del 29 aprile 2008 in sostituzione dell'onorevole Lorenzo Cesa, optante per altra circoscrizione.
Alla medesima lista Unione di Centro nella XXV Circoscrizione Sicilia 2 erano stati attribuiti due seggi e primo dei non eletti risultava il candidato Giuseppe Gianni.
2. La condanna definitiva dell'onorevole Giuseppe Drago e la sua interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Già prima della sua proclamazione, l'onorevole Drago era stato condannato in appello per il delitto di peculato continuato in relazione all'utilizzazione, all'epoca in cui lo stesso ricopriva la carica di Presidente della Regione siciliana, del denaro erariale accreditato su un apposito capitolo del bilancio regionale denominato «spese riservate». Successivamente alla proclamazione a deputato, la condanna emessa dalla Corte d'appello di Palermo con la sentenza 24 novembre 2006, n. 2803 veniva resa definitiva dalla Suprema Corte di cassazione con la sentenza 14 maggio 2009, n. 23066/09. Infine, la Corte d'appello di Palermo, con ordinanza del 13 novembre 2009, fissava al 13 novembre 2009 la data di decorrenza della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici di anni due e mesi nove applicata all'onorevole Drago.
L'esame della posizione dell'onorevole Drago prendeva avvio a seguito del deferimento alla Giunta delle elezioni da parte del Presidente della Camera, con lettera del 2 febbraio 2010, della nota
3.1. I precedenti parlamentari.
Durante i lavori del Comitato e della Giunta hanno costituito oggetto di attenta valutazione i precedenti parlamentari relativi a procedimenti di accertamento di ineleggibilità sopravvenute conseguenti all'irrogazione ad un deputato della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
Nel caso relativo all'onorevole Cesare Previti (XV legislatura) - conclusosi con l'accettazione da parte della Camera, nella seduta del 31 luglio 2007, delle dimissioni dallo stesso presentate prima che si passasse alla votazione della proposta di annullamento dell'elezione formulata dalla Giunta - si trattava di una interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Nei precedenti relativi agli onorevoli Marcello Dell'Utri (XIII legislatura) e Gianstefano Frigerio (XIV legislatura) l'interdizione dai pubblici uffici era invece, come nel caso odierno, di natura temporanea. Entrambi tali ultimi precedenti si conclusero, peraltro, con una archiviazione del procedimento: il primo per l'annullamento ad opera della Cassazione della pena accessoria a seguito del promuovimento di un incidente di esecuzione da parte del deputato interessato; il secondo in quanto la Giunta - con valutazione la cui fondatezza giuridica sarebbe stata, peraltro, in seguito disattesa in occasione dell'esame del caso Previti - ritenne estinta la pena accessoria in conseguenza dell'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali.
Ad avviso della Giunta, tali precedenti, anche se riferiti a casi di interdizione non perfettamente coincidenti con l'odierno caso dell'onorevole Drago, dimostrano, da un lato, la necessità di un esame parlamentare e la conseguente esclusione di qualunque automaticità sullo status del parlamentare di una pena accessoria privativa della capacità elettorale; dall'altro, che la permanenza degli effetti di una interdizione dai pubblici uffici, ancorché temporanea, è condizione sufficiente per ritenere sussistenti i presupposti di una ineleggibilità
3.2. I lavori del Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze e le audizioni informali di costituzionalisti in Giunta plenaria.
Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze avviava l'istruttoria sulla posizione dell'onorevole Drago nella riunione del 10 marzo 2010. In tale riunione il Comitato conveniva preliminarmente di proporre alla Giunta plenaria di deliberare l'acquisizione, per il tramite del Presidente della Camera, degli ulteriori elementi documentali ed informativi necessari per una compiuta valutazione in sede istruttoria della posizione dell'onorevole Drago.
Conseguentemente, nella seduta del 17 marzo 2010, su conforme avviso del Comitato, la Giunta deliberava di richiedere, per il tramite del Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del proprio regolamento, i seguenti elementi documentali ed informativi:
alla Corte d'appello di Palermo, copia della sentenza del 24 novembre 2006 emessa dalla stessa Corte, con la quale il deputato Drago è stato condannato per peculato;
alla Suprema Corte di cassazione, copia della sentenza 14 maggio 2009, n. 23066, che ha reso definitiva la predetta sentenza della Corte d'appello di Palermo;
alla Procura generale della Repubblica di Palermo, l'indicazione della data di decorrenza della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Restava così inteso che l'istruttoria in Comitato sarebbe proseguita una volta che fosse stata acquisita la documentazione giudiziaria richiesta.
Con lettera pervenuta il 23 marzo 2010 il Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione pro tempore, Vincenzo Carbone, inviava al Presidente della Camera copia integrale della sentenza 14 maggio 2009, n. 23066/09.
Con lettera pervenuta il 30 marzo 2010 il Presidente della Corte d'appello di Palermo, Vincenzo Oliveri, trasmetteva al Presidente della Camera copia della sentenza 24 novembre 2006, n. 2803 emessa da quella Corte nei confronti dell'onorevole Drago.
Infine, con nota pervenuta al Presidente della Camera il 3 aprile 2010 il Procuratore generale della Repubblica di Palermo, Luigi Croce, comunicava che la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici di anni due e mesi nove applicata all'onorevole Drago decorre dal 13 novembre 2009, «data di applicazione dell'ordinanza di condono ex L. 241/06».
La valutazione da parte del Comitato delle osservazioni formulate dall'onorevole Drago proseguiva nella riunione del 23 giugno 2010, allorquando il Comitato conveniva anzitutto che le osservazioni attinenti al merito delle vicende oggetto del procedimento penale che ha poi condotto alla condanna definitiva dell'onorevole Drago e alla esatta quantificazione della durata della pena accessoria non fossero evidentemente suscettibili di sindacato da parte della Giunta, posto che il procedimento di competenza della Giunta delle elezioni non può configurarsi come impropria sede di riesame di determinazioni dell'autorità giudiziaria divenute ormai definitive.
Peraltro, con riferimento all'osservazione secondo cui la durata della pena accessoria sarebbe stata determinata in modo errato, il Comitato - contrariamente a quanto sostenuto dall'onorevole Drago - non poteva che prendere atto di quanto precisato nella stessa ordinanza della Corte d'appello di Palermo del 13 novembre 2009 laddove si afferma che «in base al combinato disposto degli artt. 37 e 317-bis c.p., la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici che consegue alla condanna per il reato di peculato, qualora venga inflitta la reclusione per un tempo inferiore ai tre anni, deve essere necessariamente ragguagliata alla durata della pena detentiva principale» e che «essendo stata nel caso in esame la pena principale determinata in anni 2 e mesi 9 di reclusione (senza tener conto dell'aumento per continuazione) in pari misura deve essere stabilita la pena accessoria (cfr. Cass. sez. VI, sentenza n. 17542 del 13.02.2006)».
Nel corso dell'istruttoria in Comitato ci si soffermava, invece, a lungo sulle problematiche relative all'asserito carattere eccessivo, tale da comportare la lesione di interessi costituzionalmente protetti, di un'eventuale dichiarazione di decadenza disposta a carico di un parlamentare cui sia stata irrogata, successivamente alla sua elezione,
Nell'ambito di tali audizioni informali formava oggetto di riflessione anche il tema relativo alla praticabilità o meno dell'ipotesi della sospensione dal mandato parlamentare per la durata dell'interdizione dai pubblici uffici o di ulteriori ipotesi teoricamente in grado di consentire un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionalmente protetti coinvolti in casi quale quello in esame. Sul piano delle soluzioni procedurali atte ad un miglior contemperamento tra le predette esigenze di valore costituzionale, tutti i professori ascoltati, ad eccezione del professor Luciani, si dichiaravano dell'avviso che sia impossibile ricorrere all'applicazione in via analogica nell'ordinamento parlamentare di istituti quale quello della sospensione dal mandato elettivo, prevista - peraltro solo con finalità di tipo cautelare in caso di condanna non ancora definitiva - per i consiglieri regionali e locali dalla legge n. 55 del 1990 e dal decreto legislativo n. 267 del 2000. Margini di opinabilità venivano invece ravvisati da taluni dei costituzionalisti ascoltati in merito alla possibilità che l'istituto della sospensione dall'esercizio del mandato parlamentare - ferma restando la formale titolarità dello stesso - potesse essere introdotto per via di modifiche regolamentari o legislative.
Tuttavia, come comunicato dal Presidente Migliavacca nella seduta della Giunta del 21 luglio 2010, la riflessione su tale ultimo punto si concludeva, essendo stata al riguardo interpellata la Presidenza della
Quanto, poi, al fondamento giuridico della figura della ineleggibilità sopravvenuta, dalle audizioni informali dei costituzionalisti svolte dalla Giunta è emersa la posizione prevalente - con l'eccezione dell'opinione del professor Zanon - secondo cui la previsione dell'articolo 28 del codice penale è sufficiente a far ritenere rispettata la riserva di legge di cui all'articolo 65 della Costituzione. Oltre all'articolo 28 del codice penale, è stato posto in risalto come vi siano altre norme che fondano, sotto il profilo del rispetto della riserva di legge, la figura dell'ineleggibilità sopravvenuta: l'articolo 29 del codice penale - che indica le ipotesi nelle quali si fa luogo proprio alla condanna all'interdizione dai pubblici uffici, distinguendosi tra interdizione perpetua e interdizione temporanea -; l'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, recante il testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, perché vi si disciplinano le conseguenze in termini di elettorato attivo,
La Giunta ritiene anzi che di una norma immediatamente diretta a disciplinare l'ineleggibilità sopravvenuta non vi sarebbe, a stretto rigore, nemmeno bisogno, apparendo l'articolo 66 della Costituzione come disposizione autoconclusiva di per sé sufficiente a fondare la causa di ineleggibilità sopravvenuta per i membri delle Camere che vengano a trovarsi, a legislatura avviata, nelle medesime condizioni che, ove presenti al momento della candidatura, ne costituirebbero in radice una causa impeditiva (come appunto nel caso di perdita del diritto di elettorato passivo ed attivo, preclusiva della stessa possibilità di candidarsi).
Svolte le audizioni informali dei costituzionalisti in Giunta plenaria, l'istruttoria in contraddittorio proseguiva nella riunione del Comitato del 7 luglio 2010 con l'audizione dell'onorevole Drago, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera c), del regolamento della Giunta.
Nel corso dell'audizione in Comitato l'onorevole Drago - nel ribadire le osservazioni da lui esposte nella sua nota pervenuta il 26 maggio 2010 - formulava, in sintesi, le seguenti controdeduzioni:
a) come risulta anche dal verbale - citato nel ricorso in Cassazione trasmesso in copia alla Giunta dall'onorevole Drago - della deposizione testimoniale resa dal dottor Scaravilli, segretario generale pro tempore della Presidenza della Regione siciliana, nell'udienza del 9 gennaio 2006 nell'ambito del giudizio di secondo grado, il segretario generale della Regione siciliana gli avrebbe riferito che la Corte dei conti aveva sempre approvato l'utilizzo di fondi riservati della Presidenza della Regione senza l'obbligo di giustificare le relative spese;
b) l'onorevole Drago riferiva di ritenere opportuna l'approvazione di una norma di interpretazione autentica con la quale affermare la liceità dell'utilizzo di fondi riservati senza rendicontazione, in conformità alla costante prassi che, a suo giudizio, sarebbe sempre stata seguita da vari ministri e a diversi livelli istituzionali;
c) in una sentenza della Corte dei conti relativa all'allora ministro degli affari esteri Gianni De Michelis (Corte dei conti, sez. I giurisdizionale centrale di appello, 24 aprile 2002, n. 131) viene affermato il principio che le spese di carattere riservato non sono soggette a controllo e ad alcuna forma di rendicontazione;
d) per quanto a conoscenza dell'onorevole Drago, il suo sarebbe l'unico caso di condanna per utilizzo di fondi riservati senza rendicontazione;
Le risultanze dell'audizione dell'onorevole Drago costituivano oggetto di valutazione nella successiva riunione del Comitato del 14 luglio 2010. In tale riunione il Comitato ribadiva come l'oggetto esclusivo della valutazione parlamentare sia rappresentato dall'analisi dei profili relativi alla giustificabilità di una pronuncia di decadenza dal mandato parlamentare in presenza di una interdizione dai pubblici uffici solo temporanea destinata ad estinguersi prima della scadenza naturale della legislatura. Pertanto, il Comitato conveniva che i richiami fatti dall'onorevole Drago alla presunta prassi che sarebbe stata sempre seguita alla Presidenza della Regione siciliana e quelli alla giurisprudenza contabile secondo cui non vi sarebbe obbligo di rendicontazione per le spese riservate dovessero assumere, nell'ambito dei lavori della Giunta, il rilievo di semplici argomenti di fatto, evidentemente inidonei a superare quanto statuito dalla Suprema Corte di cassazione, a giudizio della quale «anche le spese qualificate come riservate da norma giuridica positiva sono soggette all'obbligo costituzionale di giustificazione causale, sia pure con le modalità peculiari eventualmente previste dalla specifica norma di legge che volta per volta le disciplina» (Cass., VI sez. pen., 14 maggio 2009, n. 23066/09, pag. 17).
Preso atto degli esiti negativi della riflessione in ordine alla eventualità di immaginare percorsi procedurali alternativi rispetto a quelli espressamente codificati nel regolamento della Giunta, nella riunione del 14 luglio 2010 il Comitato, concludendo l'istruttoria, si esprimeva, infine, all'unanimità in senso favorevole a ritenere che, sulla base delle vigenti disposizioni costituzionali, legislative e regolamentari, la soluzione obbligata fosse quella di deliberare la contestazione dell'elezione dell'onorevole Drago e, in esito all'udienza pubblica, di sottoporre all'Assemblea una proposta di decadenza dal mandato parlamentare.
Peraltro, la Giunta non disconosce la problematicità del caso sottoposto all'esame dell'Assemblea e l'indubbia afflittività degli effetti irreversibili che la decadenza produrrebbe a fronte di una privazione della capacità elettorale solo temporanea. Nel corso dei lavori è stata, inoltre, richiamata la tesi che vorrebbe affermare la prevalenza del rispetto del principio di sovranità popolare che si estrinseca nella rappresentanza parlamentare sull'esigenza di dare esecuzione a pronunce dell'autorità giudiziaria comportanti misure limitative di diritti solo temporanee.
Ciò nondimeno, sulla base della vigente disciplina costituzionale, regolamentare e legislativa la Giunta ha ritenuto non eludibile, in ossequio al principio di stretta legalità, la contestazione dell'elezione dell'onorevole Drago.
Nella seduta del 28 luglio 2010 la Giunta, quindi, approvava la proposta del Comitato di accertamento della ineleggibilità sopravvenuta dell'onorevole Giuseppe Drago, deliberando, conseguentemente, la contestazione della sua elezione.
Individuata la parte controinteressata nella persona del signor Giuseppe Gianni, candidato primo dei non eletti per la lista Unione di Centro nella XXV Circoscrizione Sicilia 2, della fissazione dell'udienza
4. Il procedimento di contestazione e la discussione in seduta pubblica.
A seguito della fissazione della data dell'udienza pubblica per mercoledì 6 ottobre 2010, nessuna delle due parti si avvaleva della facoltà di prendere visione della documentazione agli atti e di presentare nuovi documenti o deduzioni. Le parti, inoltre, non si avvalevano della facoltà di farsi assistere in udienza da un rappresentante.
La Giunta delle elezioni ha proceduto, quindi, in data 6 ottobre 2010, alla discussione in seduta pubblica.
Svolgeva dapprima la relazione introduttiva il relatore onorevole Orsini, il quale esponeva i fatti e le questioni oggetto del procedimento, concludendo il suo intervento con il personale auspicio che le situazioni di sopravvenuta e temporanea ineleggibilità siano fatte oggetto di una specifica disciplina di rango costituzionale o legislativo, volta a prevedere la possibilità di applicare istituti sanzionatori attenuati rispetto alla misura massima rappresentata dalla decadenza tout court dal mandato parlamentare.
Interveniva, quindi, il candidato Gianni, il quale faceva presente di aver ritenuto inutile presentare un ricorso alla Giunta avendo sempre considerato che il Presidente della Regione siciliana fosse analogo al ministro e quindi ne condividesse le stesse prerogative, tra cui la possibilità di utilizzare i fondi riservati per gli scopi che, a suo giudizio, appaiano più importanti e utili. Il candidato Gianni concludeva il suo intervento pronunciandosi a favore della permanenza in carica dell'onorevole Drago, in modo da evitare il verificarsi di quella che a suo giudizio sarebbe una ingiustizia.
Interveniva, poi, l'onorevole Drago, il quale, nel dichiararsi convinto di aver subìto un'ingiustizia, ribadiva la tesi, già sostenuta nel corso dell'istruttoria, secondo cui - come riferitogli al momento della sua elezione a Presidente della Regione siciliana dall'allora segretario generale della Regione - il Presidente della Regione siciliana dal 1948-1950 avrebbe a disposizione un capitolo di bilancio denominato «spese riservate» che da quegli anni in poi tutti i presidenti della regione che lo hanno preceduto avrebbero utilizzato senza rendicontazione. Il Presidente della Regione siciliana, dall'approvazione dello statuto siciliano, utilizzerebbe, pertanto, in via esclusiva il capitolo relativo alle spese riservate, che non sarebbe lo stesso relativo alle spese di rappresentanza degli altri presidenti di regione. Tale principio, ad avviso dell'onorevole Drago, vigerebbe in Sicilia in quanto il Presidente di tale Regione, in virtù dello statuto speciale, ha il rango di ministro ed è l'unico Presidente regionale che siede al Consiglio dei ministri quando ci si occupa di questioni legate alla Regione siciliana. Applicando l'interpretazione che ha condotto alla sua condanna, secondo l'onorevole Drago se un magistrato oggi decidesse di verificare
Dopo un quesito dell'onorevole Bianconi in merito al ricorso presentato dall'onorevole Drago alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nessun altro componente della Giunta chiedeva di intervenire per formulare domande, le parti rinunciavano alla replica ed il Presidente della Giunta sospendeva la seduta pubblica.
La Giunta si riuniva, quindi, in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 13, comma 7, del proprio regolamento, alla presenza dei deputati presenti per tutta la durata dell'udienza pubblica.
La Giunta ha, quindi, adottato il seguente dispositivo:
«La Giunta delle elezioni,
in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio;
vista la sentenza n. 2803/2006, emessa in data 24 novembre 2006 dalla Corte di appello di Palermo, resa definitiva con sentenza della Suprema Corte di cassazione 14 maggio 2009, n. 23066/09, con la quale il deputato Giuseppe Drago è stato condannato per peculato ad anni tre di reclusione (pena condonata) e allo stesso è stata inflitta la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici;
vista la nota della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo, VI sezione penale, n. 411/09 del 24 marzo 2010, con la quale si comunica che la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici di anni due e mesi nove applicata all'onorevole Giuseppe Drago decorre dal 13 novembre 2009, "data di applicazione dell'ordinanza di condono ex L. 241/06";
visti l'articolo 56 della Costituzione, gli articoli 28, secondo comma, numeri 1) e 2), e terzo comma, e 29 del codice penale, l'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, recante il testo unico per la disciplina dell'elettorato attivo, e l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati;
che si è in presenza di una causa sopraggiunta di ineleggibilità e, respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito,
di proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, del deputato Giuseppe Drago e la proclamazione in suo luogo del candidato Giuseppe Gianni, per la lista Unione di Centro nella XXV Circoscrizione Sicilia 2».
La Giunta delle elezioni con la presente relazione propone, quindi, l'accoglimento della parte propositiva del dispositivo adottato nella seduta pubblica del 6 ottobre 2010.