Doc. IV, n. 2-A





Onorevoli Colleghi! La Giunta riferisce su una richiesta di autorizzazione all'acquisizione dei tabulati telefonici del deputato Francesco De Luca, avanzata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano e pervenuta alla Presidenza della Camera in data 12 maggio 2008, nell'ambito del procedimento penale n. 4296/99 RGNR.

1. Ipotesi accusatoria. Al deputato De Luca si contestano le ipotesi di reato di cui agli articoli 56, 110 e 319-ter del codice penale: si ipotizza, in sostanza, un concorso nel tentativo di corrompere il magistrato relatore in Cassazione di una causa penale a carico di esponenti di un clan camorristico.
Elementi di tale clan, condannati in corte d'assise di Milano nel 2005 per associazione camorristica e per tre omicidi, erano invece stati assolti dall'accusa per gli omicidi dalla corte d'assise d'appello di Milano nel 2006, la quale non aveva ritenuto le dichiarazioni indizianti dei «pentiti» corroborate da elementi individualizzanti di riscontro.
Contro la sentenza d'appello avevano interposto ricorso per cassazione sia gli imputati (contro la conferma della condanna ex articolo 416-bis c.p.), sia la procura generale di Milano (contro la conferma dell'assoluzione per gli omicidi).
Secondo l'accusa, l'avvocato difensore degli imputati avrebbe cercato di influire illecitamente sull'esito del processo avvalendosi della mediazione di due persone, tra cui il deputato De Luca. Tale ipotesi sarebbe sostenuta, sempre secondo l'accusa, anche da alcune telefonate intercettate sull'utenza dell'avvocato e del terzo soggetto; sul telefono dell'avvocato, inoltre, sarebbero transitate anche conversazioni del De Luca che confermerebbero l'ipotesi investigativa. Il pubblico ministero ha chiesto di acquisire i tabulati (non le registrazioni) allo scopo di svolgere ulteriori riscontri sulle telefonate intercorse fra gli interessati, come è in suo potere ai sensi dell'articolo 132 del testo unico n. 196 del 2003, trattandosi di conversazioni risalenti a meno di 24 mesi fa.
Nel giugno 2007, una sentenza della V sezione penale della Corte di cassazione (la n. 27010/07) ha rigettato tutti i ricorsi, di fatto confermando la pronuncia d'appello.

2. Elementi procedurali. Il magistrato richiedente reitera - ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge n. 140 del 2003 - una domanda già avanzata nella XV legislatura, pervenuta nel marzo 2008, a Camere ormai sciolte. Per vero, in tale occasione la domanda di autorizzazione ex articolo 4, comma 1, della stessa legge, era riferita a 3 utenze: una intestata al De Luca; una a tal Alfonso Caputo; e una al Senato della Repubblica.
L'esame - seppur iniziato, come ci si accinge a illustrare - non è stato completato dalla Giunta della scorsa legislatura in ragione della sopravvenuta convocazione delle nuove Camere.
Tuttavia nella seduta del 14 marzo 2008, la Giunta assunse all'unanimità una decisione di ordine procedurale: essa ritenne radicata la sua competenza a deliberare sulla domanda dell'autorità giudiziaria solo in parte.
A mente della sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 2007 e su proposta dell'allora presidente Giovanardi, essa deliberò che avrebbe avuto titolo a pronunciarsi ex articolo 4, comma 1, della legge n. 140 del 2003 solo per l'acquisizione dei tabulati dell'utenza telefonica del deputato De Luca; per quel che concerneva le utenze intestate a terzi (fatta salva l'eventuale necessità di chiedere l'autorizzazione del Senato per l'utenza a questo intestata, in virtù dell'immunità di sede), la Giunta si ritenne competente a deliberare solo per l'eventuale uso probatorio nei confronti del deputato De Luca (ex articolo 6, comma 2, della stessa legge) e non già per l'acquisizione e l'uso in confronto di terzi.
Sicché - nel concordare sul rinvio dell'esame riferito all'utenza intestata al De Luca - la Giunta aveva anche unanimemente deliberato di dichiararsi incompetente a decidere sull'uso investigativo e probatorio nei confronti di terzi delle utenze intestate a terzi e di restituire gli atti al pubblico ministero procedente per il tramite del Presidente della Camera.
Peraltro, il deputato De Luca, invitato a comparire innanzi alla Giunta, si era avvalso di tale facoltà e aveva respinto gli addebiti, in particolare sottolineando di non aver mai contattato il magistrato estensore della sentenza di cassazione.

3. Segue: l'esame nella XVI legislatura. Nella legislatura in corso, la Giunta ha esaminato la presente domanda nelle sedute del 4 e 11 giugno 2008. I membri hanno potuto consultare la documentazione pervenuta a corredo della domanda. L'interessato, come di consueto informato della possibilità di essere ascoltato dalla Giunta, si è avvalso ancora di tale facoltà sia attraverso l'invio di una memoria stesa dal suo difensore, sia intervenendo personalmente nella seduta dell'11 giugno.
Egli ha innanzitutto dichiarato di non aver mai compiuto gli atti che gli vengono contestati, affermando di non avere nulla da nascondere e auspicando pertanto una pronuncia della Giunta nel senso della concessione dell'autorizzazione richiesta. Ha inoltre illustrato che anche un'altra delle utenze telefoniche elencate dal magistrato richiedente nel mese di marzo, quella intestata ad Alfonso Caputo, era ed è in effetti nella sua esclusiva disponibilità, tanto che su di essa riceve i messaggi di convocazione degli organi parlamentari (1).

(1) Tale successiva segnalazione del deputato De Luca - per cui in realtà si sarebbe trattato di un'utenza in sua stabile disponibilità - è per un verso tardiva e per l'altro comunque non rilevante. Tardiva, perché avendo la Giunta della scorsa legislatura dichiarato la propria incompetenza, ormai la nuova domanda (deferita alla Giunta dal Presidente della Camera) riguarda la sola utenza intestata a Francesco De Luca, la qual cosa impedisce - ai sensi dell'articolo 18, comma 1, r. C. - alla Giunta di eccedere i limiti di tale assegnazione. Peraltro, dagli atti Alfonso Caputo risulta persona esistente e non meramente fittizia. Non rilevante, perché un eventuale utilizzo processuale dei tabulati nei suoi confronti necessiterebbe comunque di un'autorizzazione della Camera. Lo stesso dicasi per l'utenza del Senato.

Nella memoria, il difensore del De Luca ha altresì fatto presente che, poiché - tecnicamente - il tentativo di corruzione consiste nella proposta corruttiva al pubblico ufficiale da corrompere, l'ipotesi di reato sarebbe qui del tutto infondata. Dato infatti che negli atti non è traccia di tale proposta, si assisterebbe tutt'al più in questo caso a un inesistente reato di tentativo di istigazione alla corruzione.
Nella citata seduta dell'11 giugno 2008, si è svolto un ampio dibattito che si è concluso con la proposta per l'Assemblea di negare l'autorizzazione. Se ne dà conto nei resoconti allegati alla presente relazione. È opportuno però - qui di seguito - chiarire alcuni passaggi in punto di diritto che spiegano in modo più esauriente la decisione della Giunta.

4. Le conclusioni della Giunta.

4.1. L'autorizzazione ad acquisire i tabulati. È affiorato durante il dibattito il tema dei rapporti tra tabulati e intercettazioni. È noto al riguardo che si tratta di strumenti investigativi diversi, attualmente sottoposti a disciplina giuridica diversa. Nell'un caso si tratta di documenti costituiti che rivelano solo i dati esteriori alla conversazione; nell'altro caso si tratta di elementi costituendi, che rivelano anche il contenuto della conversazione. Questi sono unanimemente ritenuti maggiormente invasivi della riservatezza di quelli. Una simile differenza non è sfuggita alla Corte costituzionale nella sentenza n. 81 del 1993, laddove essa ha stabilito che - sebbene rientrino gli uni e le altre nell'ambito di tutela dell'articolo 15 della Costituzione - spetta al legislatore graduare quella tutela. Laddove invece la legge n. 140 del 2003 accomuna intercettazioni e tabulati (questi ultimi peraltro non menzionati affatto nell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione) forse non è perfettamente allineata al dato costituzionale.
Da un componente della Giunta si è ritenuto che il vero obiettivo degli inquirenti nella presente procedura sarebbero le intercettazioni delle conversazioni captate sulle utenze degli interlocutori del De Luca e che i tabulati sarebbero pertanto difficilmente scindibili dalle registrazioni. Certamente verosimile nel quadro investigativo, questo rilievo non è però decisivo sul piano giuridico-parlamentare, giacché se poi l'autorità giudiziaria vorrà usare processualmente i tabulati dei terzi e le intercettazioni contro il De Luca, dovrà pur sempre avanzare una nuova domanda di autorizzazione.

4.2. Il delitto di tentata corruzione. Persuasivi sono i rilievi del De Luca circa la scarsa fondatezza - almeno allo stato degli atti - dell'accusa.
In primo luogo, in effetti, è la stessa imputazione (tentativo di concorso in corruzione) che appare precaria.
La corruzione è un reato a concorso necessario, tale per cui si può configurare solo con la partecipazione di almeno un corruttore e di un intraneus corrotto. Come anche la difesa del De Luca ha messo in luce, il codice penale prevede una figura tipica di tentavo, l'istigazione alla corruzione. Dal 1990, l'istigazione non è più solo quella del privato al pubblico ufficiale ma è anche quella (v. l'articolo 322 c.p., nuovi commi 3 e 4) del pubblico ufficiale nei confronti del privato (2).

(2) V. al riguardo G. FIANDACA e E. MUSCO, Diritto penale, parte speciale I, Zanichelli 1999, p. 232 e F. ANTOLISEI e L. CONTI, Manuale di diritto penale, parte speciale II, Giuffé 2000, p. 329.

L'istigazione tipizzata nell'articolo 322 c.p. consiste nel fatto di chi propone l'accordo corruttivo ma se lo vede respinto.
Tale definizione legislativa aveva ed ha proprio lo scopo di chiarire i dubbi sulla possibilità di configurare il tentativo nella corruzione e sulle sue precise modalità.
Prima del 1990, mentre si escludeva la possibilità del tentativo di istigazione alla corruzione (ma era punita in sé l'istigazione del privato verso l'intraneus, in deroga all'articolo 115 c.p.), per quel che concerne l'iniziativa presa dal pubblico ufficiale, si discuteva sulla possibilità di concepire atti idonei e non equivoci volti a perfezionare l'accordo corruttivo: non era infatti chiaro dove passasse la linea di demarcazione tra il tentativo punibile e la mera aspirazione penalmente irrilevante.
In giurisprudenza era diffusa l'idea che per aversi tentata corruzione dovessero esservi trattative tra corruttore e corrompendo, che però non fossero andate in porto (v. per es. Cass. 10 febbraio 1984, Fiorentini, in Cass. pen. 1985, p. 1092 e Cass. 16 marzo 1990, Sabusco, ivi 1992, p. 57): ciò perché il concorso necessario per la consumazione doveva sussistere anche per il tentativo (3).

(3) V. tra gli altri S. SEMINARA, sub articolo 318, in Commentario breve al codice penale, a cura di A. Crespi, F, Stella e G. Zuccalà, Cedam 1999, p. 835 e M. GAMBARDELLA, sub articolo 318, in Rassegna di giurisprudenza e dottrina sul codice penale, a cura di G. Lattanzi e E. Lupo, Giuffré 2000, vol. VI, p. 118.

Concludendo sul punto, non appare verosimile configurare un tentativo di corruzione per il tramite dell'articolo 56 c.p.; men che meno può configurarsi il tentativo d'istigazione, già escluso prima della riforma del 1990.
In secondo luogo e conseguentemente, in questo caso non è prova alcuna che un contatto o una proposta sia stata - non solo rifiutata - ma neanche rivolta al giudice di cui si tratta (persona peraltro destinataria di più d'una lode - sul piano etico e professionale - nel corso dell'esame in Giunta).
In sostanza, gli elementi contenuti nella documentazione pervenuta rivelano solo preliminari e forse non autentici scambi di intese tra soggetti vari che non sono sfociati mai in un approccio con il pubblico ufficiale. A malapena - dunque - un tentativo di istigazione, penalmente indifferente. Del coinvolgimento del magistrato relatore della causa d'interesse per il clan neanche il più vago accenno (4).

(4) Né a conclusioni diverse si perverrebbe accogliendo l'indirizzo da ultimo manifestatosi in giurisprudenza (v. Cass. 6 febbraio 2007, Sghinolfi, in Cass. pen. 2008, p. 958) secondo cui sarebbe configurabile un autonomo delitto tentato di corruzione giudiziaria (ex artt. 56 e 319-ter). Anche in tal caso occorrerebbe una proposta al pubblico ufficiale non accolta.

Nonostante quindi la disponibilità del deputato De Luca, il quale ha espressamente richiesto la concessione dell'autorizzazione, è appena il caso di ricordare che le prerogative parlamentari non sono disponibili: la Giunta si è quindi determinata, a maggioranza, a proporre che l'Assemblea deliberi per il diniego dell'autorizzazione.

Luca R. PAOLINI, relatore.


ALLEGATO

Estratto dai resoconti delle sedute della Giunta per le autorizzazioni del 4 e 11 giugno 2008.

4 giugno 2008

(Esame e rinvio).

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che il magistrato richiedente reitera una domanda già avanzata nella scorsa legislatura, il cui esame tuttavia non era stato completato dalla Giunta della XV legislatura in ragione dello scioglimento e della sopravvenuta convocazione delle nuove Camere.
Tuttavia nella seduta del 14 marzo 2008 la Giunta della scorsa legislatura - nel concordare sul rinvio dell'esame riferito all'utenza intestata al De Luca - aveva anche unanimemente deliberato di dichiararsi incompetente a decidere sull'uso investigativo e probatorio nei confronti di terzi delle utenze intestate a terzi, su cui pure era stato richiesto il consenso. Fa presente che il deputato De Luca, che si era avvalso a suo tempo della facoltà di intervenire presso la Giunta, ha fatto sapere di voler intervenire anche a proposito della nuova domanda.
Ricorda che la documentazione rilevante è a disposizione dei colleghi fin dalla scorsa seduta. Rammenta altresì al riguardo che per costante prassi delle legislature repubblicane la documentazione che perviene in allegato alle domande di autorizzazione a procedere o ad acta non viene pubblicata negli stampati parlamentari ed è oggetto di accesso limitato ai membri della Giunta che possono consultarli soltanto presso gli uffici della Giunta medesima, previa firma per presa visione, senza possibilità di estrarne copia.
A differenza che nei procedimenti per reati ministeriali (rispetto ai quali esiste una norma espressa nell'articolo 18-bis del Regolamento della Camera), neanche il deputato interessato può vedere gli atti. Egli infatti presso la Camera dei deputati non vanta un vero e proprio diritto alla difesa riconducibile all'articolo 24 della Costituzione, bensì solo un diritto a essere ascoltato per rendere alla Giunta il proprio punto di vista in ordine al procedimento. D'altronde, consentire al deputato interessato una piena consultazione degli atti in sede parlamentare lo favorirebbe rispetto ad altri coimputati o coindagati che potrebbero invece consultare il materiale istruttorio soltanto presso l'autorità giudiziaria. Si è posto in passato, tuttavia, il problema che la facoltà di intervenire presso la Giunta è pur sempre di difficile esercizio se il parlamentare non conosce affatto il materiale. A tale questione, pur esaminata in passato dalla stessa Giunta per le autorizzazioni (cfr., tra le altre sedute del 27 giugno 1996, 17 marzo 1999 e 28 giugno 2001) e dalla Giunta per il Regolamento (cfr. seduta del 7 luglio 1992), si è generalmente risposto che i difensori dell'interessato possono pur sempre consultare gli atti presso gli uffici giudiziari competenti. Talora tuttavia il Presidente della Giunta, in corso di seduta, ha ritenuto di leggere taluni tratti di atti all'interessato.
Chiede al relatore se intenda svolgere la sua illustrazione oggi o se voglia chiedere un rinvio per approfondire meglio i temi in discussione.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, espone che il deputato di cui si tratta è indagato per concorso in tentata corruzione in atti giudiziari per avere, nell'ipotesi accusatoria, contribuito al tentativo di corrompere il magistrato relatore in Cassazione di una causa penale a carico di esponenti di un clan camorristico, quello dei Guida. Alcuni elementi di questo clan erano stati condannati per tre omicidi, per associazione mafiosa e per altri reati dalla Corte d'assise di Milano con sentenza del 28 maggio 2005, ma poi assolti per l'accusa di omicidio dalla Corte d'assise d'appello nel 2006.
Essi avevano interposto ricorso per cassazione contro la condanna per associazione mafiosa mentre il pubblico ministero aveva fatto ricorso contro l'assoluzione per gli omicidi.
In questo contesto, secondo l'accusa, l'avvocato difensore degli imputati ha cercato di influire illecitamente sull'esito del processo in cassazione attraverso l'aiuto mediatorio di due persone, tra cui il deputato De Luca. Di qui l'ipotesi di concorso in tentata corruzione in atti giudiziari.
Questa ipotesi ricostruttiva, come peraltro emerge già dagli atti relativi all'esame svoltosi nella scorsa legislatura, emergerebbe da alcune telefonate intercettate sul telefono dell'avvocato e del terzo soggetto: dalle conversazioni si ricaverebbe il piano corruttivo del magistrato relatore della causa in cassazione. Sul telefono dell'avvocato sarebbero transitate anche conversazioni del De Luca che confermerebbero l'ipotesi investigativa.
Il pubblico ministero non ha ancora inoltrato al GIP l'istanza di domandare alla Camera l'uso delle intercettazioni indirette del parlamentare, ma intende svolgere ancora dei riscontri su quelle telefonate, ragione per cui necessita di poter acquisire formalmente i tabulati. Trattandosi di conversazioni avvenute in un tempo ricompreso negli ultimi 24 mesi, ai sensi dell'articolo 132 del testo unico n. 196 del 2003 - come modificato dalla legge n. 155 del 2005 - è nel potere del pubblico ministero disporre l'acquisizione dei tabulati e dunque di chiedere la presente autorizzazione alla Camera.
Chiarisce che la domanda perviene come reiterazione ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge n. 140 del 2003 di una domanda, come accennato dal Presidente, già pervenuta e in parte esaminata nella scorsa legislatura. In quella sede, la Giunta concordò all'unanimità che l'utilizzo investigativo dei tabulati di terzi contro terzi esula dalla disposizione in esame.
Rileva preliminarmente che - a rigore - i tabulati telefonici non sono la stessa cosa delle intercettazioni. Essi - come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 81 del 1993 - hanno sì una potenzialità invasiva della riservatezza tutelata dall'articolo 15 Cost., ma non possono essere assimilati sic et simpliciter alle intercettazioni. Essi infatti sono prove costituite e non prove costituende; inoltre non consentono di conoscere il contenuto delle conversazioni ma solo i dati esteriori di esse. Tanto ciò è vero che, come accennato, la relativa disciplina legislativa è diversa: per le intercettazioni dispone il codice di procedura penale agli artt. 266 e seguenti mentre per i tabulati dispone il c.d. testo unico sulla privacy.
Da questo punto di vista, della disposizione di cui all'articolo 4 taluno potrebbe opinare la non perfetta conformità costituzionale. Nondimeno la predetta disposizione è in vigore e alla Giunta spetta senza dubbio darvi piena applicazione, esercitando il potere autorizzatorio che le è assegnato. Gli risulta che il deputato De Luca ha chiesto di avvalersi della facoltà di essere ascoltato ma non è potuto intervenire oggi. Chiede quindi il rinvio del seguito dell'esame al fine non solo di ascoltare Francesco De Luca ma anche di approfondire egli stesso la questione e poterne riferire alla Giunta con maggiore completezza.

La Giunta concorda.

11 giugno 2008

(Seguito dell'esame e conclusione).

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che nella scorsa seduta il relatore aveva svolto una relazione parziale e aveva poi chiesto un rinvio. La documentazione è rimasta a disposizione dei componenti e lo è tuttora. Fa altresì presente che il deputato De Luca ha presentato una memoria redatta dal suo difensore. Essa è stata inserita nel fascicolo di seduta a disposizione dei componenti.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, espone che il deputato interessato nella memoria in buona sostanza evidenzia due elementi: anzitutto, sostiene che la condotta che in ipotesi egli avrebbe posto in essere costituirebbe un tentativo di corruzione. Nel linguaggio tecnico, a seguito dell'introduzione nel 1990 della figura tipica dell'istigazione alla corruzione, il tentativo di corruzione dovrebbe consistere nella proposta corruttiva al pubblico ufficiale da corrompere. Siccome di tale proposta non è traccia negli atti, la sua condotta sarebbe un tentativo di istigazione alla corruzione. Ma il tentativo di istigazione si risolverebbe in un tentativo del tentativo. Simile figura nel diritto penale non avrebbe cittadinanza. Per questo l'ipotesi delittuosa sarebbe del tutto priva di fondamento; in secondo luogo, il De Luca, con riferimento alla deliberazione (assunta nella seduta del 14 marzo 2008) di insussistenza di una competenza della Camera dei deputati sull'utenza di Alfonso Caputo, lamenta che in realtà anche tale utenza sarebbe sua, in uso non saltuario ma stabile e per questo chiede che la Giunta si pronunci anche sull'acquisizione dei tabulati di tale utenza. Quest'ultima richiesta non gli sembra accoglibile, giacché l'assegnazione della domanda da parte del Presidente della Camera alla Giunta non comprende l'utenza di Caputo. Se la Giunta si pronunciasse anche su tale profilo andrebbe ultra petitum, ciò che non è al momento possibile. Per quanto riguarda il merito, si rimette alla discussione che si svolgerà dopo l'audizione del deputato De Luca.

(Viene introdotto il deputato Francesco De Luca).

Francesco DE LUCA (PdL) dichiara di non aver mai contattato il giudice relatore presso la Corte di cassazione del processo di cui si tratta. Per costume proprio e tradizione familiare gli repelle l'accomodamento corruttivo delle pronunce giudiziarie. Poiché non ha alcunché da nascondere, auspica che la Giunta si pronunci per la concessione dell'autorizzazione. Rimandando i componenti alla lettura della memoria da lui presentata, sottolinea inoltre che in realtà anche l'utenza intestata ad Alfonso Caputo era ed è in sua esclusiva disponibilità, tanto che - per esempio - anche oggi ha ricevuto su di essa gli sms di convocazione degli organi parlamentari.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, prende atto di quest'ultima dichiarazione ma fa presente che - con riferimento all'utenza intestata ad Alfonso Caputo - non è possibile in questa sede per la Giunta esprimersi nuovamente. Ciò a motivo che alla Giunta è deferito soltanto l'esame sulla domanda concernente l'utenza intestata al De Luca. Se la Giunta si esprimesse anche sull'utenza formalmente intestata ad Alfonso Caputo, andrebbe evidentemente - come già il relatore ha chiarito - oltre i limiti dell'assegnazione fatta dal Presidente della Camera. Osserva altresì che Alfonso Caputo risulta persona esistente, che dagli atti risulta nata a Solofra (AV) nel 1966. Il solo fatto che il deputato De Luca oggi dichiari che si tratta di un'utenza in suo stabile uso personale non è sufficiente a modificare quanto ritenuto dalla Giunta della scorsa legislatura sulla base delle informazioni di cui allora essa disponeva. Per maggiore tranquillità dell'interessato, comunque, chiarisce che anche le utenze di terzi sono soggette all'autorizzazione della Camera se sarà intenzione dell'autorità giudiziaria utilizzarle processualmente contro di lui. Il significato della deliberazione unanime della Giunta nella scorsa legislatura è quello di consentire l'utilizzo dei tabulati di utenze terze contro terzi. Sinora quindi la posizione personale del De Luca è assolutamente integra.

Marilena SAMPERI (PD) domanda all'onorevole De Luca se conosca Michele Graziosi.

Francesco DE LUCA (PdL) risponde positivamente, chiarendo che si tratta di persona da lui frequentata nel contesto delle campagne elettorali.

Marilena SAMPERI (PD) domanda ancora per quale motivo abbia avuto contatti con l'avvocato Barbara Sabadini.

Francesco DE LUCA (PdL) risponde che la professionista l'aveva contattato più volte per chiedergli aiuto. Gli aveva anche spedito un appunto che tuttavia egli aveva cestinato. Si è trattato di normali rapporti tra personalità politiche e postulanti di vario genere.

(Il deputato Francesco De Luca si allontana dall'aula).

Maurizio PANIZ (PdL) prende atto del gesto di correttezza e di disponibilità del deputato De Luca, il quale chiede che l'autorizzazione sia concessa. La Giunta però deve prescindere dalle posizioni personali e deve indagare se la domanda dell'autorità giudiziaria sia volta a intaccare la corretta gestione del mandato parlamentare del deputato. In questo caso la prospettazione accusatoria gli sembra poco logica: agli atti non risulta alcun elemento che possa fondare anche solo in via ipotetica il tentativo di corruzione. Ritenuto che tanto sia sufficiente a fondare il fumus persecutionis si pronuncia per il diniego dell'autorizzazione che la Giunta potrebbe deliberare sin d'ora.

Marilena SAMPERI (PD) concorda con il deputato Paniz sulla scarsa verosimiglianza dell'ipotesi accusatoria nei confronti del De Luca, giacché manca ogni riscontro di contatti con il magistrato che ha redatto la sentenza di cassazione. Quest'ultimo peraltro è persona al di sopra di ogni sospetto. Tuttavia, deve sottolineare che la magistratura in questo caso non chiede l'utilizzo contro il deputato delle intercettazioni - le cui trascrizioni sono pure allegate agli atti per motivare la richiesta - bensì domanda, per ragioni di cautela investigativa, di poter acquisire i soli tabulati del De Luca. La risposta positiva della Camera potrebbe addirittura favorire il De Luca stesso. Una soluzione contraria non solo sarebbe poco comprensibile ma finirebbe per gettare discredito sulla Giunta e sulla Camera tutta. Si pronuncia pertanto per la concessione.

Francesco Paolo SISTO (PdL) concorda invece con gli argomenti e le conclusioni del collega Paniz. Gli atti che il De Luca avrebbe compiuto non sono sufficienti neanche ad accendere la luce fioca del delitto tentato. Tanto più che, come da più parti già osservato, il giudice relatore della causa di cui oggi si discute è persona di inattaccabile probità e di professionalità notoria, anche in virtù di numerose apprezzate pubblicazioni. Quanto alla distinzione tra tabulati e intercettazioni, se concorda sulla differenza ontologica tra i due strumenti investigativi, dubita invece che in questo caso si possa prescindere dal contenuto delle conversazioni registrate, di talché concedendo l'uso del tabulato fatalmente si consentirebbe l'accesso alle intercettazioni. Voterà per il diniego.

Matteo BRIGANDÌ (LNP) voterà anch'egli per il diniego anche in virtù del fatto che disinvoltamente il magistrato considera liberamente utilizzabili contro il deputato De Luca utenze di terzi.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, deve puntualizzare che non è così: la Giunta ha già stabilito nella passata legislatura che le utenze di terzi possono essere usate contro il De Luca solo previa nuova autorizzazione della Camera. Peraltro rileva che nella memoria si fa riferimento all'interrogatorio reso dal De Luca innanzi al magistrato il 6 maggio 2008. Potrebbe forse essere di ausilio per la completezza dell'istruttoria acquisire il relativo verbale.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, crede che sia maturo il tempo per deliberare. Nell'osservare che il magistrato richiede di poter utilizzare i tabulati riferiti anche a un tempo considerevolmente successivo al deposito della sentenza della Cassazione, non si opporrà comunque a un breve rinvio per l'acquisizione del documento menzionato dal Presidente.

Maurizio PANIZ (PdL) si oppone, considerando superflua l'acquisizione del verbale dell'interrogatorio.

La Giunta, a maggioranza, delibera di proporre all'Assemblea che l'autorizzazione in titolo sia negata e incarica il deputato Paolini di redigere la relazione in tal senso.


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