Doc. IV, n. 11-A-bis





Onorevoli Colleghi! - A nome dei deputati della Giunta risultati in minoranza nella seduta del 19 aprile 2011, riferiamo su una domanda di autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni di conversazioni dell'onorevole Mario Landolfi, avanzata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione e 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, nell'ambito del procedimento penale n. 5204/08 RGNR.
Le intercettazioni si inseriscono nel quadro di una vasta e complessa inchiesta della procura della Repubblica di Napoli sulle attività della camorra in varie zone dell'entroterra campano, a nord-est di Napoli, in provincia di Caserta e, in particolare, nel comune di Mondragone.
Al contrario del relatore Paniz, crediamo che l'autorizzazione debba essere concessa.
Si tratta di 7 conversazioni, tra l'onorevole Landolfi e Giuseppe Valente (6 telefonate) e tra Landolfi e Massimo Romano (1 telefonata).
Deve essere premesso che l'attacco sferrato da alcuni esponenti della maggioranza esterni alla Giunta per le autorizzazioni per un presunto ritardo nell'esitare la proposta di maggioranza è stato improntato alla disinformazione e, a tratti, alla scorrettezza.
Pur essendo stata deferita alla Giunta per le autorizzazioni già il 21 dicembre 2010, la questione è stata pretermessa, per volere dei membri della maggioranza, ad affari politicamente più rilevanti (il caso Berlusconi su tutti).
A questa evidenza politica anche il Presidente Castagnetti e l'opposizione si sono adeguati, salvo però essere inopinatamente accusati di ostruzionismo e ritardi per avere tentato di affrontare - a partire dal 16 marzo 2011 - con un minimo di serietà la questione dell'onorevole Landolfi, la quale - giova affermare sin d'ora - è intimamente collegata a quella, gravida di aspetti inquietanti, dell'onorevole Cosentino.
A conferma di ciò, rendiamo atto ai membri della Giunta appartenenti alle forze di maggioranza di avere espresso dissenso rispetto a quanto dichiarato dai loro colleghi di gruppo.
Sul Tempo di Roma del 14 aprile 2011 e in varie agenzie del 13 e del 14 aprile è stato poi affermato da parte di taluni colleghi non appartenenti alla Giunta e dallo stesso onorevole Landolfi che lo stesso desiderasse con impazienza affrontare a viso aperto il giudizio e che egli chiedeva sostanzialmente la concessione dell'autorizzazione all'uso del materiale captato, ritenendolo inconcludente ai fini dell'accusa.
Si tratta evidentemente dell'ennesimo inganno di questa maggioranza: in audizione, sia pure con cautela, il deputato Landolfi ha adombrato che vi sia nei suoi confronti un fumus persecutionis.
Ci si soffermerà tra breve sulla sussistenza o meno del fumus persecutionis, unico ambito di valutazione di cui la Giunta per le autorizzazioni debba occuparsi.
Sembra però necessario tratteggiare brevemente il contesto - che pure si evince dalla relazione di maggioranza - nel quale è maturata la condotta del deputato Landolfi.
Come per il deputato Cosentino, siamo nel casertano; e siamo sempre nel quadro ormai cronicamente drammatico della gestione del ciclo dei rifiuti. Al centro dell'attenzione è la società consortile ECO4 e il suo presidente Giuseppe Valente, già condannato in primo grado, nel marzo 2009, per reati aggravati dal proposito mafioso. Secondo gli investigatori, organico al sistema camorristico di gestione del potere locale, funzionale alle necessità del clan La Torre, era Ugo Conte, il sindaco di Mondragone, luogo menzionato più volte anche nell'inchiesta su Cosentino, ma anche nel resoconto della Commissione Parlamentare antimafia 9-11 febbraio 2004.
Ebbene: la giunta comunale del Conte era - negli anni 2002-2004 - più che precaria. Complicate dinamiche partitiche minacciavano di portare alla sua caduta.
Mario Landolfi è accusato allora di essere intervenuto illecitamente (concorrendo in truffe e abusi) per far sì che dall'incrocio dei subentri ai consiglieri comunali dimissionari risultasse comunque un saldo favorevole a Ugo Conte e dunque un risultato gradito al clan locale.
Si tratta di un'accusa assai grave ma solo di un'accusa. Soltanto il processo potrà dire se si tratti di un'ipotesi fondata. Ma è appunto da quel processo che la maggioranza vuol proteggere il deputato Landolfi.
Sul fumus persecutionis si osservi che le intercettazioni sono state regolarmente autorizzate e sono state concluse tutte entro i termini di efficacia dei relativi decreti di autorizzazione.
Per quanto attiene alla legittima acquisizione delle comunicazioni in riferimento al carattere indiretto o fortuito del coinvolgimento del parlamentare, l'ordinanza del GIP sottolinea che le intercettazioni sono state disposte ed eseguite nell'ambito di altri procedimenti in cui l'onorevole Landolfi non risultava indagato, né i provvedimenti autorizzativi o le informative di P.G. allegate agli atti segnalano l'orientamento dell'indagine intercettiva sulla persona del parlamentare quale indagato o persona offesa o informata dei fatti.
È infatti esclusa l'esistenza di iscrizioni pregresse del parlamentare nei procedimenti dai quali provengono le intercettazioni oggetto della richiesta. Inoltre, a fronte delle 7 conversazioni di cui il GIP chiede l'utilizzazione processuale, vi sono molte altre conversazioni tra Valente e una pluralità di altri interlocutori, le quali escludono che la captazione sia stata disposta per aggirare l'autorizzazione preventiva richiesta dall'articolo 4 della legge n. 140 del 2003 e dimostrano il carattere fortuito del coinvolgimento del parlamentare. Lo stesso vale per la conversazione con Romano Massimo. Ciò è confermato dall'iscrizione nel registro degli indagati dell'onorevole Landolfi solo nel gennaio del 2007, all'esito di complesse attività di indagine espletate in altri procedimenti.
Per quanto riguarda la rilevanza (articolo 6, legge n. 140 del 2003), va tenuto presente che solo le conversazioni palesemente irrilevanti debbono essere escluse dal GIP e l'irrilevanza riguarda sia le prove a carico che quelle a discolpa dell'indagato.
D'altronde la difesa dell'imputato, nelle sedi proprie, non ha formulato nessuna eccezione sulla rilevanza.
Ricordiamo che la stessa Giunta, nella scorsa legislatura, a larga maggioranza deliberò di concedere l'autorizzazione per l'utilizzo delle intercettazioni di Piero Fassino - che non era indagato. Non si dimentichi che in quel caso si trattava di fatti molto meno gravi rispetto a quelli che vengono oggi imputati al collega Landolfi.
Sulle conversazioni, il giudice ritiene che siano rilevanti (rectius: non siano manifestamente irrilevanti) giacché confermano la familiarità dell'onorevole Landolfi con personaggi di moralità pregiudicata. Tanto ciò è vero che - tra l'altro - nelle conversazioni si parla con toni poco lusinghieri dell'ex-deputato Lorenzo Diana, da sempre in prima fila contro le cosche in quel territorio così difficile.
Ma se, come sostiene il relatore di maggioranza, tali conversazioni fossero del tutto irrilevanti, sarebbe più utile concedere l'autorizzazione giacché da esse l'onorevole Landolfi potrebbe trarre argomenti difensivi altrimenti preclusi, nonché spunti per interpretazioni alternative favorevoli alla sua difesa.
Insomma: ancora una volta la maggioranza della Giunta tradisce e umilia lo spirito costituzionale sotteso agli istituti dell'immunità parlamentare. Il costituente li immaginò perché non avessero più a ripetersi le storie del (non più giovane) Francesco Saverio Nitti, la cui casa fu perquisita e saccheggiata dalla polizia fascista nell'autunno del 1923; di Giacomo Matteotti, ucciso dalla CEKA fascista il 10 giugno 1924 per la sua attività di deputato di opposizione; di Giovanni Amendola, picchiato a Montecatini nel 1925 e morto a Cannes nell'aprile 1926; di Antonio Gramsci, dichiarato decaduto dal mandato parlamentare il 9 novembre 1926 e processato nel 1928 dal tribunale speciale per la sua attività di deputato e di politico d'opposizione, che lo fece imprigionare e che gli sequestrò la corrispondenza.
Per tutte le ragioni addotte, la proposta della Giunta deve essere respinta.

Marilena SAMPERI e Federico PALOMBA,
relatori di minoranza


Frontespizio