Doc. IV-quater, n. 8





Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata da Katia BELLILLO, deputato all'epoca dei fatti, in relazione al procedimento penale n. 53966/07 RGNR-Milano.
Il procedimento trae origine da una querela sporta da Sabrina Ferilli, a motivo di alcune frasi attribuite alla Bellillo riportate in un articolo del Corriere della Sera del 29 luglio 2005, dal titolo «Ferilli: la campagna sulla fecondazione? Non mi pento». Per come riportato nel capo d'imputazione, l'allora deputato Katia Bellillo, intervistata telefonicamente dalla giornalista Giovanna Cavalli, avrebbe tra l'altro affermato: «Come se avesse detto Forza Lazio (e in passato forse così fu) ... La diva cresciuta alla sezione PCI di Fiano Romano, magari si pente di quell'intervista premaman... un'icona dei media non andava bene come testimonial. Ha preso i soldi, ha fatto il suo lavoro e poi da saggia popolana ha deciso che piuttosto che andare all'estero per la fecondazione il figlio lo adotta qui».
La vicenda prende le mosse dalla pubblicazione sul settimanale Gente di un servizio-intervista a Sabrina Ferilli in ordine alla sua decisione di fare domanda per l'adozione. In particolare la Ferilli affermò: «Solo oggi mi sento finalmente pronta a fare l'esperienza della maternità. Ma ho 40 anni e siccome il mio tempo biologico ha un termine e non mi va di arrivare all'accanimento terapeutico per restare incinta, mi sono decisa ad adottare un bambino. [...] Solo in questo momento sento forte la volontà di diventare madre, perché sono consapevole di tutto l'amore che potrei dare a mio figlio. Rispetto chi pratica la fecondazione eterologa, ma io non lo farei mai: non condivido le pratiche dell'utero in affitto o la maternità portata all'estrema ratio con le mamme-nonne. Uno stato laico deve lasciare grande libertà: non può pretendere di decidere per me o per altre donne che vogliono un bambino. Ma la mia scelta è un'altra, non mi accanirei mai in maniera folle nella ricerca di una gravidanza a tutti i costi. Preferisco, cosa che farò, la strada dell'adozione».
Dal momento che pochi mesi prima Sabrina Ferilli era stata testimonial del referendum abrogativo della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione assistita, prevedibilmente questa notizia suscitò vari commenti, alcuni di condivisione altri di ironico e lieve dissenso.
Per esempio, risulta proprio dall'articolo incriminato del Corriere della Sera che mentre Daniela Santanchè (allora parlamentare di Alleanza Nazionale) sostenne che la Ferilli, avendo capito di aver sbagliato nel sostenere il referendum sulla legge n. 40, era tornata sui suoi passi in modo apprezzabile, scegliendo la via dell'adozione; l'allora vice Presidente della Camera Alfredo Biondi invece scherzò sul fatto che nell'antica Roma, per la loro scarsa credibilità, gli attori non venivano neanche citati come testimoni ai processi. Biondi disse di capire la Ferilli sindacalmente ma molto meno politicamente. A Biondi è ascritta la frase «la Ferilli fa vita borghese ma si considera di sinistra, forse per il caseggiato in cui abitava».
In questo contesto di reazioni alla scelta tanto personale quanto esibita, di Sabrina Ferilli, Katia Bellillo risulterebbe essersi espressa come da capo di imputazione più sopra esposto.
Poiché Sabrina Ferilli non queretò né Daniela Santanchè né Alfredo Biondi, appare chiaro che l'unico motivo per dolersi con la Bellillo sta nel fatto che questa le abbia attribuito la circostanza di aver percepito un compenso per l'uso della sua immagine nella campagna referendaria.
Il 27 giugno 2006, interrogata presso la questura di Roma, la Bellillo negò con decisione di aver pronunziato la frase così come attribuita nel capo di imputazione e affermò di aver svolto un diverso e più ampio ragionamento da cui si poteva evincere che il profitto che ella riteneva la Ferilli avesse tratto fosse misurabile in termini d'immagine e non con una parcella vera e propria.
Dato il contesto, la Giunta - conformemente a numerosi precedenti - ha promosso una conciliazione tra le parti, in modo da pervenire a un'estinzione del processo e dunque alla cancellazione della domanda d'immunità dall'ordine del giorno.
Mentre in data 3 ottobre 2008, la ex-deputata Bellillo ha fatto pervenire una lettera (di cui il Presidente Castagnetti ha dato lettura nella seduta del 15 ottobre 2008 e che qui si allega in copia, sub 1) ha porto delle scuse a Sabrina Ferilli, sottolineando che non aveva mai affermato che l'attrice avesse percepito un regolare compenso ma solo che avesse tratto un tornaconto di accresciuta notorietà dal prestare la propria immagine alla campagna referendaria.
Tali scuse non sono state sufficienti a persuadere Sabrina Ferilli a pervenire a una conciliazione: il suo difensore in data 27 ottobre 2008 ha manifestato la definitiva volontà di proseguire nella coltivazione della lite.
La Giunta ha dunque iniziato l'esame vero e proprio della domanda nella seduta del 12 novembre 2008, ascoltando l'interessata alla deliberazione (vedi l'allegato resoconto, sub 2).
All'esito dell'audizione e dell'esame, la Giunta in sostanza si è trovata innanzi al problema di deliberare in ordine a due parti del capo d'imputazione, una recante generiche critiche ad una scelta della Ferilli, che questa ha comunicato al grande pubblico e su cui molti hanno avuto pubblicamente da esprimere un'opinione; un'altra recante una più circoscritta accusa, tanto specifica quanto smentita dall'interessata. Sull'insindacabilità della prima parte non vi possono essere dubbi, in ragione del loro evidente collegamento con le procedure che hanno portato all'approvazione della legge n. 40.
Katia Bellillo ha infatti presentato in data 17 ottobre 2001 la proposta di legge n. 1775 e poi ha presentato numerosi emendamenti al «testo A» della Commissione prima che questo fosse discusso in Assemblea.
L'11 giugno 2002, poi, nell'Aula della Camera Katia Bellillo affermò tra l'altro: «Come ci si può arrogare l'autorità di negare ad una coppia sterile la possibilità di generare un figlio nel caso in cui ciò non possa avvenire per via naturale, mentre lo è con le tecniche offerte dalla scienza? Possibile che non siate capaci di confrontare un modello tradizionale di famiglia con un altro che è nuovo e nel quale maternità e paternità siano espressione della consapevolezza, della libertà e, soprattutto, della responsabilità? Si può essere genitori perché si decide di amare. Vi siete mai posti il problema dell'eventualità della scelta? Sì. Si può decidere di essere genitori perché si decide di amare. E credo che questa sia l'unica garanzia per il concepito. Ci si assume una responsabilità anche senza avere alcun rapporto genetico con il bambino che sarà sereno per il solo fatto di vivere con chi lo ama».
Per una migliore intelligenza di questo profilo si ritiene utile allegare la proposta di legge di Katia Bellillo, il «testo A» proposto dalla Commissione all'Assemblea della Camera, unitamente agli emendamenti presentati dalla Bellillo stessa (sub 3, 4 e 5).
Con riguardo alla seconda parte, resta da stabilire quale affermazione la Giunta debba prendere per buona ai fini della propria deliberazione, quella apparsa sul Corriere della Sera e poi nel capo di imputazione o quella la cui sostanza la Bellillo ha ribadito nella sua lettera.
Non risultano atti giudiziari che abbiano risolto definitivamente la questione. Non vi risulta in particolare l'interrogatorio della giornalista, la quale a detta della Bellillo non le avrebbe sottoposto (com'è d'uso in queste circostanze) il testo dell'intervista per una validazione. Tuttavia, Katia Bellillo - come accennato - ha smentito di aver detto la frase «ha preso i soldi» nell'interrogatorio nel 27 giugno 2006 e poi nuovamente nell'audizione presso la Giunta; nella risposta del 27 ottobre 2008, la difesa della signora Ferilli non ha in alcun modo contestato in fatto la deduzione di Katia Bellillo sul punto. Quindi, in ben tre occasioni formali, senza essere mai smentita, la Bellillo ha negato di aver pronunziato quella frase. Sicché la Giunta ha ritenuto più verosimile la sua versione.
Ella ha sottolineato, nell'audizione, che la Ferilli nel maggio 2005 aveva dichiarato - tra l'altro - all'Espresso (edizione del 5 maggio 2005): «Mi sento chiamata in causa come essere umano e in particolare come donna. Mi sembra intollerabile che questa maggioranza politica abbia deciso come e quando si possa fare un figlio, o magari impedire di farlo. Quei signori possono fare le leggi che vogliono, ma poi sarò io, Sabrina, che come migliaia di altre italiane di qualsiasi età, dovrei farmi impiantare per forza tre embrioni, non uno di più e non uno di meno. Sono io che potrei ritrovarmi tre gemelli, se gli embrioni dovessero attecchire tutti. O che rischierei di concepire un bambino malato, visto che la legge mi obbliga a mettermi nella pancia anche un embrione con alterazioni gravi, salvo poi, paradossalmente, darmi il permesso di abortire. Questa è una cosa barbara, che nessuna persona che abbia rispetto di sé può accettare». E ancora, alla domanda «Se fosse necessario farebbe la fecondazione assistita?» Sabrina Ferilli aveva risposto: «Certo che la farei. Per ora sto tentando in modo naturale, ma se ci saranno difficoltà mi rivolgerò a un buon medico. Essendo una donna alla vigilia dei quarant'anni non ho intenzione di perdere troppo tempo. Ormai abbiamo imparato che l'orologio biologico non sta lì ad aspettare».
Non è ovviamente qui in discussione la più totale e insindacabile (qui davvero!) libertà di Sabrina Ferilli di determinarsi come creda in ordine alla scelta della maternità, la quale include decisioni personali, delicatissime e con risvolti emotivi i più comprensibili e legittimi. Il tema è però che queste scelte sono state volutamente esibite ed esposte al pubblico e ai mass-media, che hanno affannosamente cercato commenti e dichiarazioni di vario genere. Gli organi di informazione hanno messo in luce un certo grado di incoerenza, ciò che sarebbe ingiusto precludere a chicchessia di osservare e men che meno a una parlamentare che aveva fatto dell'argomento della fecondazione assistita una lunga (e qui documentata) battaglia nelle sedi parlamentari tipiche.
In sostanza e in conclusione, la maggioranza della Giunta ha considerato che l'addebito formalmente ascritto a Katia Bellillo sia sostanzialmente unitario e che - chiarito il vero tenore e senso delle frasi da lei pronunciate - esso pertenga alla critica parlamentare, come evocata dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003. Gli atti oggi in discussione rientrano quindi in quelli che la Corte costituzionale ha definito come «presupposti e conseguenziali» degli atti tipici (sent. n. 375 del 1997, punto 4 del Considerato in diritto), definizione che la stessa Corte non ha ritenuto di smentire nella successiva sentenza n. 120 del 2004, nella quale essa ha espressamente affermato che «è vana la pretesa di cristallizzare una regola di composizione del conflitto tra principi costituzionali che assumono configurazioni di volta in volta diverse e richiedono soluzioni non riducibili nei rigidi limiti di uno schema preliminare di giudizio» (punto 5 del Considerato in diritto).
Per questi motivi, a maggioranza, la Giunta propone di deliberare che i fatti per cui è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un deputato nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi e per gli effetti dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione e dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003.

Marilena SAMPERI, Relatore


ALLEGATO 1

Perugia, 3 ottobre 2008

On.le Dr. Pierluigi Castagnetti
Presidente della Giunta
per le autorizzazioni
Piazza Montecitorio 1
000186 Roma

Gentile Presidente,
faccio riferimento alla Sua lettera, inerente alta controversia giudiziaria tra me e la signora Sabrina Ferilli, in relazione alla quale ho domandato alla Camera di deliberare per la non sindacabilità giudiziale ai sensi dell'articolo 68, primo comma, dello Costituzione.
Fermo restando che credo che i parlamentari debbano poter esprimere liberamente e senza condizionamenti indebiti le proprie opinioni, riconosco che la vicenda al Vostro esame presenta degli aspetti problematici dovuti all'eccessiva sintesi della discussione suda procreazione assistita attuata in sede giornalistica.
Avendo apprezzato l'impegno personale di Sabrina Ferilli nella campagna referendaria per l'abrogazione della legge n. 40 dei 2004 (che considero una brusca e dolorosa frenata nella maturazione giuridica e democratica del nostro Paese), sono rimasta sorpresa dal fatto che ella abbia poi, con un atteggiamento non celato al grande pubblico (che l'aveva conosciuto impegnata sul tema dell'assistenza medica alla procreazione), scelto la via dell'adozione.
Probabilmente questa mia sorpresa è stata tradotta dalla cronista con troppa forza polemica e con l'aggiunta di un elemento che è stato chiaramente distorto, vale a dire la considerazione che Sabrina Ferilli abbia tratto profitto dalla campagna referendaria. Personalmente non intendevo sostenere che avesse percepito un regolare compenso per l'uso della sua immagine nella campagna per il SI, ma solo che ne avesse tratto un più generale beneficio in termini di notorietà.
Mi scuso pertanto con la signora Ferilli per il fraintendimento e con i membri della Giunta se li ho impegnati nell'analisi di questa - tutto sommato - modesta vicenda.

Cordiali saluti.

Katia BELLILLO


ALLEGATO 2

Estratto dai resoconti delle sedute della Giunta per le autorizzazioni


30 luglio 2008

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che è stata assegnata alla Giunta una domanda d'insindacabilità avanzata dall'ex deputato Katia Bellillo in relazione a un procedimento penale (il n. 35296/05 RGNR) pendente presso il tribunale di Milano per dichiarazioni ritenute offensive da Sabrina Ferilli. Si tratta di un disaccordo relativo alle posizioni assunte dalla Bellillo e dalla Ferilli successivamente al referendum sulla procreazione assistita nel 2005. Gli sembra che la vicenda non sia di difficile componibilità e quindi propone che la Giunta - conformemente a numerosi precedenti - si faccia promotrice di un tentativo di conciliazione. Se non vi sono obiezioni, i difensori delle parti verranno quindi invitati a ricercare i termini di una composizione stragiudiziale.
(Così rimane stabilito).

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che, in ragione dell'assenza giustificata dei deputati Ferranti e Lo Presti, il seguito della discussione sui criteri generali di applicazione dell'insindacabilità parlamentare viene rinviato. La Giunta, anche sulla base della documentazione già da tempo in distribuzione, tornerà sull'argomento nella prima seduta dopo la pausa estiva che convoca sin d'ora per mercoledì 17 settembre 2008 alle ore 9,15.

15 ottobre 2008

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, rammenta che nella seduta del 30 luglio 2008 era stata data comunicazione dell'assegnazione alla Giunta di una domanda di insindacabilità avanzata dall'ex deputata Katia Bellillo in relazione a una controversia penale scaturita da una querela di Sabrina Ferilli. Gli atti relativi sono in distribuzione. Nell'occasione, si era concordato di invitare le parti a trovare una composizione stragiudiziale della questione, di modo che potesse addivenirsi ad un'estinzione del giudizio e alla conseguente cancellazione dall'ordine del giorno della domanda d'insindacabilità. Al riguardo informa che con lettera pervenuta alla Camera il 3 settembre 2008 il difensore della signora Ferilli, lamentando la pregressa indisponibilità della deputata Bellillo a rettificare le dichiarazioni contestatele, si è dichiarato contrario a un'ipotesi di conciliazione; con lettera pervenuta in data 7 ottobre, invece, la deputata Bellillo ha chiarito il suo pensiero, a suo dire solo sommariamente riportato negli articoli giornalistici incriminati (ribadendo in sostanza quanto dichiarato in sede di interrogatorio di garanzia innanzi alla polizia giudiziaria), e ha porto delle scuse alla signora Ferilli. Data lettura della lettera, propone di trasmettere al procuratore della signora Ferilli copia della lettera di Katia Bellillo unitamente al resoconto della seduta odierna, invitandolo a riconsiderare la sua posizione.

Dopo interventi di Donatella FERRANTI (PD) e Marilena SAMPERI (PD), la Giunta concorda all'unanimità.

12 novembre 2008

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che nella seduta del 15 ottobre 2008 la Giunta aveva concordato di inviare all'avvocato della sig.ra Ferilli la copia della lettera della collega Bellillo recante delle scuse. In data 27 ottobre 2008 il predetto difensore ha ribadito l'indisponibilità a conciliare con la lettera che è disposizione dei componenti la Giunta. Non essendo riuscito il tentativo di conciliazione, non è stato possibile cancellare la questione dall'ordine del giorno e quindi dà la parola al relatore on. Mantini.

Pierluigi MANTINI (PD), relatore, espone che la vicenda prende le mosse dalla pubblicazione nel 2005 sul settimanale Gente di un servizio-intervista a Sabrina Ferilli in ordine alla sua decisione di fare domanda per l'adozione. Dal momento che pochi mesi prima Sabrina Ferilli era stata testimonial del referendum abrogativo della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione assistita, questa notizia aveva suscitato vari commenti di diverso segno. In questo contesto di reazioni alla scelta di Sabrina Ferilli, Katia Bellillo risulterebbe essersi espressa come da capo di imputazione noto ai colleghi.
In pratica, alla Giunta si pone il problema di stabilire se le dichiarazioni possano essere ricondotte alla funzione parlamentare di Katia Bellillo, sia nella parte in cui affronta in generale il tema della procreazione assistita e dei contenuti delle prese di posizione delle varie personalità intervenute sul punto, sia nella parte in cui, in sostanza, addebita un fatto determinato a una persona nominata. Da quest'ultimo punto di vista, per la verità, non crede che la prerogativa dell'insindacabilità possa assistere la Bellillo in ragione della genericità degli interventi svolti in Assemblea sull'argomento. Si riserva di avanzare una proposta all'esito dell'audizione dell'interessata.

(Viene introdotta Katia Bellillo, deputato all'epoca dei fatti)

Katia BELLILLO, nel ringraziare la Giunta per l'insistenza adoperata nella ricerca di una conciliazione, che pure da parte sua è stata onerosa in termini di coerenza personale, invita i componenti a contestualizzare la vicenda in esame. Premette anzitutto che in dieci anni di attività politica e parlamentare su scala nazionale ha sempre seguito il criterio di non recriminare sulla riproduzione giornalistica del suo pensiero e quindi di non denunziare i cronisti per le frequenti distorsioni e forzature delle sue parole. In secondo luogo, venendo al merito della controversia, sottolinea che si trattava di una coda tutta politica alla protratta discussione sulla fecondazione medicalmente assistita. Ricordata la lunga battaglia parlamentare condotta da quanti credono che la sterilità delle donne e delle coppie debba essere aiutata con gli strumenti della medicina contemporanea, espone che l'approvazione della legge n. 40 del 2004 prima e la consultazione referendaria del 2005 poi sono state le tappe di una sconfitta politica per lei dolorosa e la testimonianza del fatto che si tratta purtroppo di un tema che inerisce a una esigua minoranza della popolazione e che quindi non è sentito come un problema capace di aggregare una maggioranza nell'elettorato. In questo quadro, il settimanale Gente raccolse con grande evidenza grafica l'intervista della Ferilli la quale, nel dichiarare la propria intenzione di fare domanda di adozione, definì le pratiche di fecondazione artificiale come un accanimento terapeutico, smentendo tanto implicitamente quanto chiaramente il suo precedente impegno quale testimonial per la proposta referendaria abrogativa. Prevedibilmente questa uscita ebbe larga risonanza e scatenò molte reazioni tra le quali quelle degli aderenti a un'associazione per i diritti civili da lei presieduta i quali addirittura parlarono di un tradimento. Ricordato che i quotidiani del giugno 2005 sottolinearono che in effetti nessuna delle attrici che si erano spese per la campagna referendaria (Monica Bellucci, Simona Ventura oltre che Sabrina Ferilli) si erano effettivamente recate al seggio, evidenzia che ricevette il 28 luglio 2005 una telefonata dalla giornalista Cavalli mentre era in automobile. Ne seguì una lunga conversazione nella quale la cronista insisteva sul quesito se non ritenesse incoerente il comportamento della Ferilli. Nel contesto della conversazione ella aveva risposto, tra l'altro, che tale incoerenza, a suo modo di vedere, era accentuata dal fatto che certamente Sabrina Ferilli aveva tratto un tornaconto personale in termini di visibilità e notorietà in ambito squisitamente politico. Sotto quest'ultimo profilo, forse, la brutalità della resa giornalistica della sua intervista è stata giovevole per mettere bene in luce il contrasto da lei avvertito tra il profitto di notorietà acquisito e il previo impegno referendario, attestato anche da una intervista sull'Espresso.

Matteo BRIGANDÌ (LNP) domanda se Katia Bellillo intenda ribadire di non aver mai pronunciato le testuali parole "ha preso i soldi".

Katia BELLILLO ripete di non aver pronunziato tale frase ma di aver soltanto fatto riferimento a una più generale accresciuta notorietà, misurabile anche sul piano economico.

Pierluigi MANTINI (PD), relatore, domanda se sia disponibile a precisare ulteriormente, in sedi pubbliche quali per esempio la stampa quotidiana, il contenuto delle affermazioni testé rese.

Katia BELLILLO afferma che la lettera inviata alla Giunta il 3 ottobre 2008 contiene il frutto massimo del suo sforzo di conciliazione.

(Katia Bellillo si allontana dall'aula)

Pierluigi MANTINI (PD), relatore, dichiaratosi non persuaso dall'audizione dell'interessata, propone che la Giunta deliberi per la sindacabilità.

Maurizio PANIZ (PdL) dissente dal relatore, sottolineando che Katia Bellillo fu raggiunta telefonicamente dalla giornalista Cavalli per il fatto stesso di essere un deputato, altrimenti la cronista non l'avrebbe chiamata. Basterebbe questo, senza dover approfondire i plurimi profili giuridici e forensi della vicenda, a far applicare l'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Che poi, nel merito, Katia Bellillo abbia espresso una valutazione complessivamente condivisibile è evidente: i manifesti con il volto della signora Ferilli erano affissi in tutta Italia e questo le avrà certamente giovato a fini di notorietà. Che un deputato sia insindacabile per le posizioni espresse rispetto a fenomeni di larga eco pubblica non richiede neanche l'assunzione di una prospettiva particolarmente lata sull'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Voterà per l'insindacabilità.

Lorenzo RIA (PD), posto che sta per avere luogo in Assemblea il ricordo dei caduti di Nassiriya, domanda che il seguito della discussione sia rinviato.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, concordando la Giunta, rinvia il seguito di questo come degli altri punti all'ordine del giorno alla prossima seduta, che convoca sin d'ora per mercoledì 19 novembre 2008 alle ore 9.15.

19 novembre 2008

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che l'esame era stato sospeso nella seduta del 12 novembre, nella quale il relatore aveva proposto la sindacabilità. Gli chiede se confermi tale posizione.

Pierluigi MANTINI (PD), relatore, sente di dover dissentire dal collega Paniz, che nella scorsa occasione ha propugnato l'insindacabilità, argomentando che la Bellillo era stata intervistata al telefono per la sua mera qualità di deputato: in buona sostanza, tale assunto giustificherebbe la persistenza di odiosi privilegi a beneficio di una «casta». Un esame più attento della fattispecie e della documentazione, oggi, può muoverlo al massimo a formulare una proposta di votazione separata, rispetto alla quale proporrebbe l'insindacabilità per tutto il capo d'imputazione tranne che per la frase «ha preso i soldi», la quale invece è sindacabile, trattandosi di addebito preciso a persona nominata, falso e indimostrato.

Marilena SAMPERI (PD) comprende le preoccupazioni che animano il relatore ma sottolinea l'ampia base di atti parlamentari tipici che sostiene l'odierna fattispecie: una proposta di legge depositata alla Presidenza della Camera nel 2001 (la n. 1775 - XIV legislatura), un intervento in Assemblea e numerosi emendamenti, tutto riferito allo specifico tema della procreazione assistita e della scelta della maternità consapevole. Condivide allora l'assunto del collega Paniz, non tanto sul punto per cui la Bellillo è stata intervistata in quanto deputato, ma per essere ella stata una parlamentare impegnata proprio sui temi dell'intervista e della polemica con Sabrina Ferilli. Quanto alla questione dell'addebito sul tornaconto personale che quest'ultima avrebbe tratto dall'aver prestato il suo volto e il suo nome alla campagna referendaria, dagli atti non risulta precisamente che cosa sia stato detto, dal momento che l'intervista telefonica è un atto che solitamente richiede la validazione successiva del testo. Propende per l'insindacabilità.

Matteo BRIGANDÌ (LNP) non si opporrà al voto per parti separate, ma certo voterà per l'insindacabilità su entrambe.

Francesco Paolo SISTO (PdL) si dichiara contrario alla votazione per parti separate, giacché considera tale tipo di votazione ammissibile solo quando la parte dell'imputazione oggetto di ciascuna votazione abbia una propria autonomia sintattica e una propria distinta portata lesiva. In questo caso gli pare che la parte ritenuta offensiva sia una e una sola, quella cui ha fatto testé riferimento la collega Samperi. Crede quindi opportuna una votazione unica e si pronuncia per l'insindacabilità.

Donatella FERRANTI (PD) crede accertata la base parlamentare tipica delle affermazioni della ex collega Bellillo. Tuttavia, teme che da questa la Giunta possa fare un salto eccessivo che consisterebbe nel ritenere insindacabile ogni e qualsiasi affermazione afferente al tema degli atti presentati nelle sedi parlamentari cui si è fatto cenno. Occorre allora massima attenzione, onde evitare che l'insindacabilità si trasformi in un privilegio personale: ella sarebbe quindi favorevole a dichiarare insindacabile l'episodio ascritto a Katia Bellillo se la Giunta potesse assicurarsi che il senso delle parole da lei pronunciate è quello sintetizzato nell'audizione della scorsa seduta. Diversa sarebbe la sua posizione se invece rimanesse verificato che la deputata ha attribuito a Sabrina Ferilli un fatto specifico e ingiurioso.

Fabio GAVA (PdL) osserva che il fulcro della critica mossa da Katia Bellillo a Sabrina Ferilli si colloca sulla pretesa incoerenza di quest'ultima: ella avrebbe sostenuto una campagna referendaria in cui in realtà non credeva. Pur non essendo stato presente all'audizione dell'ex deputata interessata, gli sembra che questo sia il senso dell'illustrato contrasto tra le tesi sostenute dall'attrice prima e dopo la consultazione referendaria. Da questo punto di vista, accertare che cosa effettivamente Katia Bellillo abbia addebitato alla signora Ferilli perde di importanza, giacché si rimane sul terreno di una critica comportamentale riconducibile in tutto e per tutto all'insindacabilità parlamentare.

Lorenzo RIA (PD) ritiene invece che l'oggetto dell'intervista sia un fatto di costume, la condotta di Sabrina Ferilli come icona dei media e donna di spettacolo. Il nesso funzionale, costituito dai precedenti atti parlamentari, è alquanto marginale. In ultima analisi, accusare Sabrina Ferilli di «aver preso soldi» o invece di aver tratto benefici in termini d'immagine non cambia di molto la situazione. Da questo punto di vista, condivide il rilievo contenuto nella lettera trasmessa dal difensore dell'attrice per cui ella davvero non aveva bisogno della pubblicità a lei derivante dalla campagna referendaria. Voterà per la sindacabilità.

Antonio LEONE (PdL) condivide solo una considerazione del collega Ria, quella per cui accertare effettivamente il tenore delle parole pronunciate da Katia Bellillo ha importanza relativa. Considera balzana la proposta di voto separato avanzata dal relatore e auspica un'unica votazione nella quale voterebbe per l'insindacabilità.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, rammentati i numerosi precedenti di voto separato in questa materia, constata tuttavia che in questo caso la proposta del relatore, pur ammissibile, non incontra il favore maggioritario del collegio. Si prospetta pertanto una votazione unica. Al riguardo, e con riferimento specifico ai temi toccati dalla collega Ferranti, deve ricordare che in ben tre occasioni formali Katia Bellillo ha smentito di aver pronunciato le parole che le sono attribuite sul punto del compenso che Sabrina Ferilli avrebbe percepito: nell'interrogatorio presso la Questura di Roma del 27 giugno 2006, nella lettera alla Giunta del 3 ottobre 2008 e nell'audizione nella scorsa seduta.

Pierluigi MANTINI (PD), relatore, è grato ai componenti per il contributo che hanno inteso dare al dibattito ma non riesce a esserne persuaso. Rammenta che il documento recante criteri generali per l'applicazione dell'insindacabilità parlamentare, approvato nella scorsa legislatura all'unanimità, esclude espressamente dall'ambito di applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, l'attribuzione di fatti determinati falsi e indimostrati a persone nominate. Essendo proprio questo il caso, non vede come possa rispondersi affermativamente alla domanda di deliberazione di Katia Bellillo. Preso atto tuttavia che il dibattito si sta orientando in senso contrario alla sua posizione, rimette l'incarico di relatore nelle mani del Presidente.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ringrazia il collega Mantini per il lavoro istruttorio attento e sensibile fin qui svolto: non è certo questa la prima volta che emergono dissensi in seno alla Giunta né, teme, sarà l'ultima. Prega la deputata Samperi di assumere l'incarico di relatrice e le chiede se sia in grado di formulare immediatamente una proposta.

Marilena SAMPERI (PD) accetta l'incarico conferitole dal Presidente e, rifacendosi alle considerazioni poc'anzi svolte, propone che la Giunta deliberi per l'insindacabilità.

La Giunta, a maggioranza, approva la proposta d'insindacabilità dei fatti su cui pende il procedimento in titolo e dà mandato alla deputata Samperi di predisporre in tal senso la relazione per l'Assemblea.


ALLEGATO 3

Testo della proposta di legge n. 1775 presentata dai deputati Maura Cossutta, Pistone e Bellillo nella XIV legislatura

Onorevoli Colleghi! - Nel corso della XIII legislatura le Camere hanno affrontato la discussione sulle tecniche di riproduzione medicalmente assistita, anche denominate «procreazione medicalmente assistita» (PMA). Un tema esaminato dapprima dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati che dopo un lungo lavoro ha elaborato per la prima volta un testo unificato (atto Camera n. 414-A XIII legislatura) in seguito profondamente modificato dall'Aula, ed infine approdato al Senato della Repubblica che lo ha ulteriormente e, ancora più negativamente, a nostro avviso, modificato (atto Senato n. 4048).
Un iter parlamentare, dunque, complesso, molto sofferto, che se un unico pregio ha avuto è stato quello di aprire non solo nelle Aule parlamentari, ma nel Paese, una riflessione, un dibattito su un tema fino ad allora di esclusivo appannaggio degli «addetti ai lavori».
Il dibattito si è quindi arricchito non solo del contributo di medici, ginecologi e specialisti della materia, ma ha coinvolto donne, gruppi femminili ed associazioni da anni impegnate nella riflessione e nell'elaborazione sul tema della PMA, convinte della necessità di non esser espropriate di una discussione che coinvolge l'identità, il corpo ed il sapere femminili.
Il dibattito ha quindi trasceso dalla discussione prettamente medico-scientifica, per affrontare il tema del corpo e del sapere delle donne, dell'uso della medicina come strumento invasivo del corpo femminile, del concetto di genitorialità; ma più in generale lo scontro ha interessato la sfera delle libertà individuali opponendo, infine, i sostenitori di una concezione laica dello Stato e delle norme che lo regolano ad una concezione, al contrario, di carattere confessionale. La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno elaborato testi legislativi che non solo, a nostro avviso, non si pongono al passo con l'evoluzione ed il processo di modificazione sociale che hanno interessato in questi anni la società civile, ma che addirittura hanno tentato di vanificare le conquiste democratiche, sociali e culturali, che in questi anni hanno prevalso nei comportamenti della società. Così i testi elaborati prima dalla Camera dei deputati e poi dal Senato della Repubblica hanno prodotto veri e propri «mostri» giuridici che dall'esclusione all'accesso alle tecniche di PMA per le donne single e le cosiddette «coppie di fatto», è giunto fino al riconoscimento dell'adottabilità dell'embrione. Si è prodotto dunque, proprio a partire dal disconoscimento della titolarità femminile nella riproduzione e del diritto all'autodeterminazione delle donne a decidere della propria maternità e del proprio corpo, un processo, dal punto di vista parlamentare, che se ha avuto il merito di contribuire ad aprire un dibattito nel Paese, ha prodotto dal punto di vista legislativo testi di legge che hanno tentato di introdurre princìpi giuridici di una pericolosità senza precedenti.
La presente proposta di legge vuole dunque tentare di rimettere al centro un punto di vista delle donne e certamente non vuole e non pretende di parlare a nome di tutte le donne rispetto alle tecnologie di inseminazione artificiale. In questo senso ci siamo avvalse del testo già presentato nella precedente legislatura, frutto di una discussione tra donne con lo scopo di costruire un punto di vista femminile rispetto alle tecnologie di riproduzione artificiale.
L'intenzione di presentare una proposta legislativa è nata innanzitutto dalla volontà di interrogarsi sull'opportunità di una regolamentazione delle tecniche di PMA. La regolamentazione dei centri che praticano le tecniche di riproduzione assistita è tuttora affidata a due circolari ministeriali, rispettivamente del 1985 e nel 1987 dai Ministri della sanità pro tempore, Degan e Donat Cattin. La prima ha introdotto il divieto dell'effettuazione della fecondazione eterologa nei centri del Servizio sanitario nazionale, divieto peraltro privo di fondamento legislativo e che nei fatti ha favorito lo sviluppo dei soli centri privati. La seconda, auspicando la rapida definizione di un'organica disciplina legislativa in materia (nel 1987!), regolamenta la raccolta di seme a fini di fecondazione con intervento di un donatore, rinviando ad atti successivi, mai peraltro adottati, la definizione dei requisiti dei centri. L'applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa è pertanto attualmente lecita, riconosciuta da uno dei due atti a contenuto normativo vigenti, ed ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi.
Ma la cautela sull'opportunità di una puntuale definizione legislativa nasce dalla volontà di evitare la subalternità al punto di vista tecnologico. Subaltemità tanto più pericolosa per il soggetto femminile, poiché le tecnologie si ammantano di una presunta neutralità della scienza, neutralità che di per sé cancella la differenza di sesso. Le tecniche di PMA si presentano come «cura della sterilità» e con ciò scompare la differenza di posizione dei due sessi nella riproduzione e rispetto alle tecnologie stesse. Eppure l'inseminazione da donatore interessa la sterilità maschile, il gamete intra Falloppion transfer (GIFT), e la fecondazione in vitro quella femminile. Tale assenza di distinzione non valuta e non tutela come «bene» il corpo femminile, sul quale insistono tutte le tecniche, alcune delle quali comportano manipolazioni pesanti del corpo della donna.
È comunque falsa la autorappresentazione delle tecniche di PMA come «cura della sterilità»: in realtà, esse non mirano a risanare il corpo sterile, che rimane tale. Interventi quali l'inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro o il GIFT sono in realtà trasferimenti di gameti o embrioni, che hanno la possibilità di trascendere le tradizionali coordinate spaziali e temporali dell'evento riproduttivo, scindendolo dall'atto sessuale.
Si aprono inedite prospettive di controllo sulla procreazione, attraverso l'aumento del potere medico, in contrasto con il movimento di opinione femminile e femminista che fin dallo scorso decennio aveva mirato a demedicalizzare l'evento nascita. Le potenzialità di applicazione della PMA vanno perciò ben oltre il diritto alla salute: non a caso si presentano problematiche giuridiche che non hanno riferimento diretto alla «cura della sterilità», come l'inseminazione di «donna sola», o lo statuto giuridico degli embrioni soprannumerari, prodotti con la fecondazione in vitro, o l'affitto dell'utero.
Le stesse categorie giuridiche di riferimento sono messe in discussione. Se è improprio appellarsi al «diritto alla salute» per tecniche che non mirano al benessere del corpo, è altresì dubbio che si possa riferirsi al «diritto del singolo» rispetto alla procreazione, trattandosi di un evento relazionale per eccellenza. Inoltre, ad iniziare dagli anni '70, con la legislazione sul divorzio, sull'aborto, sul diritto di famiglia, attraverso dibattiti e scontri che hanno coinvolto nel profondo la società italiana, è stato richiesto al diritto di rinunziare a regolare con un intervento diretto i rapporti relativi alla procreazione: lasciando alla dinamica sociale la libera ridefinizione di nuovi modelli di rapporto fra i sessi e ai singoli, in particolare alle donne con la legge 22 maggio 1978, n. 194, la piena responsabilità di dirimere eventuali conflittualità di natura etica in campo procreativo.
Al contrario, tramite la PMA, lo Stato è chiamato a reintervenire sul terreno dei rapporti fra i sessi e della procreazione, trovandosi di fronte a due fenomeni inediti, introdotti dalle tecnologie: svincolandosi la riproduzione dal rapporto sessuale, un sesso può potenzialmente fare a meno dell'altro; mentre, rispetto al modello di genitorialità «naturale», si moltiplicano i «soggetti parentali», poiché appaiono le figure del donatore o della donatrice di gameti, la madre surrogata o colei che dà in affitto il proprio utero.
Fin dall'approvazione del nuovo diritto di famiglia (legge n. 151 del 1975), che equiparava i figli nati fuori dal matrimonio a quelli legittimi, lo Stato restituiva ai singoli la piena libertà delle scelte procreative, affidate all'esercizio della responsabilità individuale.
Il pluralismo di modelli oggi esistenti (famiglia, convivenza, «maternità solitaria») è stato progressivamente sorretto e accompagnato da significativi processi sociali, primo fra tutti il processo di liberazione ed emancipazione delle donne. Ma la PMA «artificialmente» sconvolge i modelli di genitorialità esistenti, ed obbliga la società ad una rincorsa dei processi innescati dalla tecnologia stessa, senza una effettiva riflessione e un controllo sociale sugli stessi. Sicuramente non esiste una forma «naturale» della genitorialità che ha invece subìto profondi mutamenti storici: tuttavia il brusco inserimento di inedite possibilità di relazioni nella procreazione con le tecnologie porta ad una «denaturalizzazione» rispetto al contesto socio-culturale attuale e al rapporto fra i sessi nella procreazione. Le conseguenze di questi processi sono paradossali.
In primo luogo lo sconvolgimento, che potenzialmente opera la PMA nei modelli sociali di riproduzione, spinge ad una richiesta «forte» di intervento rivolta al diritto.
Ma come Stefano Rodotà ha giustamente osservato, è difficile e rischioso chiedere al diritto di fornire valori che la società non esprime. Ovvero la premessa di intervento del diritto è l'esistenza di valori «forti» presenti nell'organizzazione sociale; valori attualmente inesistenti, poiché non è la società ad aver «prodotto» il progresso tecnologico, bensì è vero il contrario: sono le tecnologie ad innescare e a guidare i processi sociali, invocando l'intervento del diritto e dell'etica quando il governo dei processi si rivela difficile.
In conclusione riteniamo che sia giusto orientarsi verso una legislazione che tenti di intervenire in modo critico correggendo le tendenze della medicina procreativa quando questa scardina la unicità del soggetto, frantuma la verità complessa della persona, altera i confini fra le specie umane e la materia ed azzera le differenze di genere, facendo agire quella «coscienza del limite», dando senso sociale ed umano all'innovazione tecnologica. Il che, sulla base dell'elaborazione teorica femminista e dell'esperienza storica del soggetto femminile, non significa affatto assecondare la conservazione del modello sociale familiare della riproduzione, sulla base di una presunta ed ideologica «naturalità» dello stesso, bensì ancorarsi alla certezza dei soggetti (e in primo del soggetto femminile, per il sapere che esprime e per la centralità che ricopre nella procreazione).
Ciò significa privilegiare l'interesse della tutela della salute, oggi compromessa dal proliferare di centri privati che si configurano come un vero e proprio mercato selvaggio senza alcuna garanzia di controllo sanitario; significa, altresì, evitare che l'apertura incontrollata di nuovi servizi crei, essa stessa, la domanda: questa sembra essere la situazione attuale. È probabile, infatti, che un eccessivo proliferare di nuovi servizi induca un'ulteriore domanda, tramite il complice diffondersi della cultura del «figlio a tutti i costi»: così, già avviene che la maggior parte delle coppie si rivolga ai centri, dopo un tempo relativamente breve di ricerca del figlio. Il che ipotizza la necessità di «decodificare» il problema «sterilità», dando la precedenza a ridefinizioni della domanda di tipo non medico, bensì psicologico e sociale. Occorre indagare il desiderio di maternità di fronte alle possibilità inedite che le tecniche offrono e la conseguente trasformazione del «desiderio» in «bisogno» e del «bisogno» in «diritto».
Quanto all'accesso alle tecnologie, si individua nella donna il soggetto avente diritto in quanto la titolarità nella riproduzione è femminile e il desiderio e la possibilità di diventare madre è affidata alla libertà e responsabilità della donna: non si diventa madri in forza del diritto.
Inoltre, come rileva Paolo Zatti, il nostro ordinamento non prevede norme che impongano condizioni di idoneità fisica o psichica nella procreazione. Prevalgono dunque i criteri di libertà e di privatezza che, si badi bene, «non implicano una valutazione positiva dell'interesse a procreare, e men che mai delle singole decisioni procreative, ma solo una valutazione del tutto negativa dell'intrusione statuale nella determinazione di condizioni o limiti alla libertà e privatezza». Una volta garantita la libertà di accesso alla PMA, è opportuno valutare come primario interesse il diritto del nascituro a una identità certa, nonché ad un patrimonio genetico non manipolato.
Da qui sorge le necessità di impedire pratiche come l'affitto di utero o la madre surrogata, nonché di impedire il disconoscimento del figlio/a, una volta che sia riconosciuto e attestato il desiderio maschile di coinvolgimento nel progetto di generare.
Quanto al destino degli embrioni soprannumerari, nonché ai limiti della ricerca scientifica ad essi applicata, si ritiene che il problema non possa risolversi in una legge di regolamentazione generale della PMA, dovendo peraltro maturare nella società e nella stessa comunità medico-scientifica un punto di vista che parta dalla «coscienza del limite». Tuttavia si stabiliscono alcuni princìpi che reintegrano il potere e soprattutto la responsabilità dei soggetti, la donna o la coppia, che, con il loro progetto procreativo, hanno creato gli embrioni: sembra giusto che non siano espropriati di voce in capitolo nel decidere la destinazione o le modalità di utilizzazione degli embrioni.
La presente proposta di legge disciplina, dunque, le tecniche di PMA, alle quali possono aver accesso tutte le donne che abbiano compiuto la maggiore età, ed alle quali può associarsi il coniuge, il convivente o l'uomo che abbia intenzione di assumere la paternità del nascituro (articolo 1).
L'esigenza che la donna, che intende sottoporsi alle tecniche di PMA, venga adeguatamente informata sul grado di invasività delle tecniche medesime ed esprima un consenso scritto anche in relazione ai possibili effetti collaterali ai quali può incorrere, è prevista dall'articolo 2. Particolare cura è stata posta allo stato giuridico del nato ed al disconoscimento di paternità, materia molto dibattuta, per la quale gli articoli 3 e 4 normano il divieto di disconoscimento di paternità nella fase successiva alla fecondazione dell'ovulo.
Le linee guida alle quali tutte le strutture autorizzate hanno l'obbligo di attenersi sono regolate da apposito decreto del Ministro della salute, secondo quanto definito dall'articolo 5; l'articolo 6 definisce i requisiti delle strutture autorizzate.
L'articolo 7 istituisce il registro delle strutture autorizzate presso l'Istituto superiore di sanità. Le modalità per la donazione dei gameti sono stabilite dall'articolo 8, che introduce limiti di età, (per le donne a trentacinque anni e a quaranta anni per gli uomini), e prevede l'accertamento dell'idoneità dei donatori al fine di escludere ogni possibile patologia infettiva o malattia ereditaria. L'articolo 9 reca norme per la raccolta e la conservazione di gameti e di embrioni. Le disposizioni sui divieti sono contenute nell'articolo 10, mentre il divieto di clonazione umana è regolato dall'articolo 11.
La sperimentazione sugli embrioni umani è in generale vietata, mentre la ricerca clinica è consentita a condizione che si perseguano finalità cliniche o terapeutiche. L'articolo 12 vieta comunque la produzione di embrioni umani per fini di ricerca o sperimentazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico, nonché interventi di manipolazione, interventi di scissione e la fecondazione di gamete umano con gamete di specie diversa. L'articolo 13 prevede l'obbligo per il Ministro della salute di presentare ogni anno una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle legge. Le sanzioni penali e amministrative sono disciplinate dagli articoli 14 e 15, mentre la tutela della riservatezza dei dati personali, sia in merito alla donazione che alle persone che accedono alla procreazione, è regolata dall'articolo 16, che prevede anche la deroga alla legge n. 675 del 1996 nei casi di grave e comprovato pericolo per la salute del nato.

Art. 1.
(Accesso alle tecniche).

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito alle donne che hanno compiuto la maggiore età e che presentano la relativa richiesta alle strutture autorizzate, ai sensi dell'articolo 2. Alla richiesta può associarsi, purché maggiorenne, il coniuge ovvero l'uomo che intenda riconoscere il nascituro ed assumere nei suoi confronti gli obblighi previsti dal codice civile, secondo le modalità stabilite dall'articolo 2 della presente legge.

Art. 2.
(Consenso informato).

1. Prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico, anche avvalendosi della figura professionale dello psicologo, informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 1 sui metodi e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per il nascituro e per colui a cui è riconosciuta la paternità. Le informazioni indicate dal presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da assicurare la formazione di una volontà consapevole e validamente espressa.
2. La volontà dei soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto al medico responsabile della struttura di cui all'articolo 6 della presente legge, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione delle tecniche deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo.

Art. 3.
(Stato giuridico del nato).

1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti della madre o, ai sensi del codice civile, della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 2.

Art. 4.
(Disconoscimento della paternità).

1. Per contestare lo stato di figlio legittimo o riconosciuto ai sensi dell'articolo 3, non sono ammesse l'azione di disconoscimento di paternità, ai sensi dell'articolo 235 del codice civile, o l'impugnazione del riconoscimento, ai sensi dell'articolo 263 del medesimo codice, salvo quanto disposto dal comma 2.
2. L'azione di cui all'articolo 235 del codice civile è ammessa qualora ricorrano le circostanze previste dal numero 3) del primo comma del medesimo articolo. In tale caso è ammessa la presentazione di prove idonee a dimostrare che il concepimento non è avvenuto a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita in relazione alle quali è stata sottoscritta la dichiarazione di volontà di cui all'articolo 2. L'azione indicata dall'articolo 263 del codice civile è consentita qualora ricorra la stessa circostanza di cui al periodo precedente.

Art. 5.
(Linee guida).

(omissis)

Art. 6.
(Strutture autorizzate).

1. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate presso strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni ed iscritte al registro di cui all'articolo 7.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti:
a) i requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi delle strutture di cui al comma 1;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
d) le modalità di svolgimento dei controlli periodici sulle strutture e sulla qualità dei servizi erogati;
e) i protocolli di ricerca clinica e sperimentale sull'embrione limitatamente ai casi di cui all'articolo 12.

Art. 7.
(Registro).

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita e dei centri pubblici di raccolta e conservazione dei gameti, di seguito denominato «registro».
2. L'iscrizione al registro è obbligatoria.
3. L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
4. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali ed all'Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate all'articolo 13.

Artt. 8-16.

(omissis)


ALLEGATO 4

A.C. 47-A Testo unificato della XII Commissione permanente (Affari sociali) - XIV legislatura

Capo I
PRINCIPI GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i livelli essenziali delle prestazioni e i diritti di tutti i soggetti coinvolti.
2. Nell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, la presente legge assicura il diritto a nascere del concepito.
3. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.

Art. 2.
(Interventi contro la sterilità
e la infertilità).

1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, promuove ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorisce gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurre l'incidenza e, ove possibile, per prevenire l'insorgenza dei fenomeni indicati. Il Ministro della salute promuove altresì campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.
2. Nell'esercizio delle loro competenze costituzionali ed in relazione ai compiti loro affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, nel quadro della tutela della salute, le regioni provvedono all'erogazione di servizi di informazione, di consulenza e di assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità, nonché della procreazione medicalmente assistita.

Art. 3.
(Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405).

1. All'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il servizio di assistenza alla famiglia ed alla maternità provvede, altresì, d'intesa con il servizio sociale competente per territorio, a fornire un'informazione adeguata sulle opportunità e sulle procedure per l'adozione o per l'affidamento familiare».

Capo II
ACCESSO ALLE TECNICHE

Art. 4.
(Accesso alle tecniche).

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.
2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti principi:
a) correlazione della tecnica proposta rispetto alla diagnosi formulata, al fine di contenerne il grado di invasività;
b) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, senza prima aver esperito tentativi meno invasivi;
c) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.

3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

Art. 5.
(Requisiti soggettivi).

1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.

Art. 6.
(Consenso informato).

1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico, anche avvalendosi della figura professionale dello psicologo, informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell'uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.
2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell'intera procedura qualora si tratti di centri privati accreditati.
3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo.
4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.
5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 della presente legge.

Art. 7.
(Linee guida).

1. Il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l'indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
2. Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.
3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all'evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.

Capo III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DEL NASCITURO

Art. 8.
(Stato giuridico del nato).

1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti della madre o, ai sensi del codice civile, della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime secondo le disposizioni dell'articolo 6.

Art. 9.
(Divieto del disconoscimento della paternità e dell'anonimato della madre).

1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l'impugnazione di cui all'articolo 263 dello stesso codice.
2. La madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

Capo IV
REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE AUTORIZZATE ALL'APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

Art. 10.
(Strutture autorizzate).

1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all'articolo 11.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sono definiti:
a) i requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi delle strutture;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi delle strutture.

Art. 11.
(Registro).

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
2. L'iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.
3. L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.
4. L'Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggerimenti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.
5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali ed all'Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall'articolo 14 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

Capo V
SANZIONI

Art. 12.
(Sanzioni).

1. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita vietate ai sensi dell'articolo 4, comma 3, o fra soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 5, o senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all'articolo 6, o in strutture diverse da quelle di cui all'articolo 10, o in violazione dei divieti e degli obblighi di cui all'articolo 13, o realizza in qualsiasi forma la commercializzazione o l'importazione e l'esportazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità o il prelievo o il trasferimento in utero di un gamete dopo la morte di uno dei soggetti di cui all'articolo 5, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 51.646 euro a 154.937 euro, e con l'interdizione per cinque anni dall'esercizio della professione.
2. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto è punito con la reclusione da dieci anni a venti anni e con la multa da 51.646 euro a 154.937 euro, e con l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.
3. Non sono punibili l'uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1 e 2.
4. Ogni accordo avente per oggetto i comportamenti di cui ai commi 1 e 2 è nullo.
5. L'autorizzazione concessa ai sensi dell'articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del comma 1 è sospesa per un anno. Nell'ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al comma 1 o di violazione del divieto di cui al comma 2 l'autorizzazione è revocata.

Capo VI
MISURE DI TUTELA DELL'EMBRIONE

Art. 13.
(Sperimentazione sugli embrioni umani).

1. È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano.
2. La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.
3. Sono, comunque, vietati:
a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;
b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;
c) interventi di scissione precoce dell'embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;
d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere;
e) la crioconservazione e la soppressione di embrioni.

4. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico impianto, comunque non superiore a tre. Tutti gli embrioni prodotti devono essere contemporaneamente trasferiti nell'utero della donna.
5. Ai fini della presente legge è vietato l'aborto selettivo di gravidanze plurigemellari.
6. I soggetti di cui all'articolo 5 devono essere informati sul numero degli embrioni che si intendono produrre e trasferire in utero. Dopo il trasferimento, i medesimi soggetti sono informati sul numero di embrioni prodotti e conseguentemente trasferiti.

Capo VII
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 14.

(Relazione al Parlamento).

1. L'Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi dell'articolo 11, comma 5, sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.
2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull'attuazione della presente legge.

Art. 15.
(Obiezione di coscienza).

1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge qualora sollevi obiezione di coscienza, previa dichiarazione resa al medico responsabile della struttura autorizzata ai sensi dell'articolo 10.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 può essere resa o revocata, con le stesse modalità, in qualsiasi momento e comporta, con effetto immediato, l'esonero dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'applicazione delle tecniche disciplinate dalla presente legge.

Art. 16.
(Disposizioni transitorie).

1. Le strutture ed i centri iscritti nell'elenco predisposto presso l'Istituto superiore di sanità ai sensi dell'ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, fino al sesto mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 10, comma 2.
2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i centri e le strutture di cui al comma 1 eliminano i gameti depositati presso i medesimi centri e strutture, ad eccezione di quelli prelevati da soggetti che rispondono ai requisiti di cui all'articolo 5. In caso di inadempienza, i centri e le strutture di cui al presente comma decadono dall'autorizzazione di cui al comma 1.
3. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute e al giudice tutelare territorialmente competente i seguenti elenchi non pubblici: un elenco (n. 1) contenente l'indicazione numerica degli embrioni destinati a tecniche di procreazione medicalmente assistita, formati nel periodo precedente alla data di entrata in vigore della presente legge, unitamente all'indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche medesime, a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni; un elenco (n. 2) con l'indicazione numerica degli embrioni disponibili di cui non si conoscono i genitori biologici e con l'indicazione dei motivi della non conoscibilità.
4. La coppia che, prima della data di entrata in vigore della presente legge, ha ottenuto nelle strutture e nei centri di cui al comma 1 l'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita dalle quali è derivata la formazione di embrioni, ha facoltà di richiedere il trasferimento degli embrioni medesimi, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 5 e 6, nel termine di tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Subito per gli embrioni di cui all'elenco n. 2 e trascorso il termine di cui al periodo precedente per quelli di cui all'elenco n. 1, ovvero nel caso di espressa rinuncia della donna al trasferimento, il giudice tutelare competente per territorio dispone con proprio decreto l'adottabilità. Su indicazione delle strutture e dei centri, che provvedono alle opportune informazioni ed assumono il consenso informato secondo le disposizioni, in quanto applicabili, dell'articolo 6 della presente legge, il giudice tutelare, sentita la coppia richiedente e fatte le opportune valutazioni ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, in quanto applicabile, dichiara con decreto motivato l'adozione dell'embrione o degli embrioni da impiantare contestualmente.
5. La disposizione di cui al comma 3 si applica a tutti i possessori di embrioni che sono inoltre obbligati ad indicare la struttura o il centro autorizzati ai quali gli embrioni vengono consegnati. Chiunque non adempia all'obbligo di segnalazione degli embrioni esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge è punito, qualora il fatto non costituisca reato, con la sanzione amministrativa da 25.823 euro a 51.646 euro.
6. I nati, a seguito di adozione di embrioni, sono figli legittimi della coppia coniugata o figli naturali riconosciuti della coppia convivente.
7. Le disposizioni di cui all'articolo 9 si applicano anche per i nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo prima della data di entrata in vigore della presente legge. Per tali soggetti l'identità del donatore è rivelata con decreto motivato del giudice tutelare, ovvero, in caso di grave e imminente pericolo per la salute del nato, su richiesta del medico o del direttore della struttura sanitaria che lo hanno in cura.

Art. 17.
(Copertura finanziaria).

1. Per le attivita relative agli articoli 2, comma 1, e 11, il cui onere è valutato rispettivamente in 2.065.828 euro e in 154.937 euro annui, a decorrere dal 2002, è autorizzata la spesa di 2.220.765 euro annue a decorrere dall'esercizio 2002.
2. Per gli interventi per prevenire, rimuovere e ridurre la sterilità e la infertilità e per le finalità previste dall'articolo 2 è autorizzata l'ulteriore spesa di 5.164.569 di euro per ciascuno degli anni 2002 e 2003.
3. Le somme stanziate per le finalità di cui ai commi 1 e 2 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministro della salute, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
4. Agli oneri derivanti all'attuazione della presente legge, valutati in 7.385.334 euro per ciascuno degli anni 2002 e 2003 e in 2.220.765 euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.
5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


ALLEGATO 5

Emendamenti all'A.C. 47-A - XIV legislatura sottoscritti da Katia Bellillo

Capo I
PRINCIPI GENERALI

Sopprimerlo.
*1. 20. Rizzo, Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 1.
*1. 21. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI E SUBEMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.

Sopprimere il comma 2.
2. 12. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.
(Modifica alla legge 29 luglio 1975, n.405).

Sopprimerlo.
*3. 1. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, capoverso, sostituire le parole da: opportunità fino alla fine del comma con le seguenti: tecniche di procreazione medicalmente assistita.
3. 5. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.
(Accesso alle tecniche).

Sopprimerlo.
*4. 15. Rizzo, Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 1.
*4. 16. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, sopprimere le parole da: ed è comunque circoscritto fino alla fine del comma.
*4. 17. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 2.
4. 18. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 3.
*4. 19. Rizzo, Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 3, sostituire le parole: È vietato con le seguenti: È consentito.
4. 20. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.
(Requisiti soggettivi).

Sopprimerlo.
*5. 12. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, sopprimere le parole da: di sesso diverso fino alla fine del comma.
5. 13. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 6.
(Consenso informato).

Sopprimerlo.
6. 5. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 1.
6. 7. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, sopprimere le parole: Per le finalità indicate dal comma 3.
*6. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: di cui all'articolo 5 con le seguenti: che intendono fare ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
6. 9. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, sopprimere il secondo periodo.
*6. 10. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI ED ARTICOLO AGGIUNTIVO PRESENTATI ALL'ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

Al comma 1, dopo le parole: Consiglio superiore di sanità aggiungere le seguenti: , d'intesa con la Conferenza Stato-regioni-province autonome,
7. 4. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 9 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 9.
(Divieto del disconoscimento della paternità e dell'anonimato della madre).

Sopprimerlo.
9. 4. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 1.
9. 5. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 1, sopprimere le parole: in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3,
*9. 7. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 2.
*9. 10. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 2, sostituire le parole: non può con la seguente: può.
**9. 11. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

Al comma 2, alinea, dopo le parole: deliberazione del Consiglio dei ministri, aggiungere le seguenti: , previo parere delle Commissioni parlamentari competenti,
10. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 2, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
e) i protocolli di ricerca clinica e sperimentale limitatamente ai casi previsti dalla presente legge.
10. 9. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Subemendamenti all'emendamento 12. 100. della Commissione.

All'emendamento 12. 100. della Commissione, sopprimere il comma 1.
*0. 12. 100. 7. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'emendamento 12. 100. della Commissione, sopprimere il comma 2.
*0. 12. 100. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'emendamento 12. 100. della Commissione, sopprimere il comma 8.
0. 12. 100. 9. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'emendamento 12. 100. della Commissione, sopprimere il comma 9.
0. 12. 100. 10. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 12.
(Divieti generali e sanzioni).

1. Chiunque a qualsiasi titolo utilizzi a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.
2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.
3. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all'articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro,
4. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all'articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.
5. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.
6. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci anni a venti anni, e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresì con l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.
7. Non sono punibili l'uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4.
8. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 6.
9. L'autorizzazione concessa ai sensi dell'articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell'ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l'autorizzazione può essere revocata.

Conseguentemente sostituire il titolo del CAPO V con il seguente: (Divieti e sanzioni).
12. 100. (Nuova Formulazione). La Commissione.

Al comma 1, sopprimere le parole da: vietate ai sensi fino a: all'articolo 5, o.
*12. 4. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 4.
12. 13. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 5.
12. 14. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 15 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 15.
(Obiezione di coscienza).

Sopprimerlo.
*15. 1. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 2.
*15. 7. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Aggiungere, in fine, il seguente comma:
3. La struttura sanitaria è comunque tenuta a garantire l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita tramite il ricorso alla sostituzione del personale sanitario che si sia avvalso della facoltà di cui al comma 1.
15. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

ARTICOLO 13 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

EMENDAMENTI, SUBEMENDAMENTI ED ARTICOLI AGGIUNTIVI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 13.
(Sperimentazione sugli embrioni umani).

Sopprimerlo.
13. 18. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 3, sopprimere la lettera e).
*13. 20. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 4.
*13. 26. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole da: non devono creare fino alla fine del comma con le seguenti: devono creare un numero di embrioni correlato all'età della donna e alla tecnica utilizzata.
*13. 31. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole da: ad un unico impianto fino alla fine del comma con le seguenti: ad almeno due fecondazioni della donna.
13. 32. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Al comma 4, primo periodo, sopprimere le parole da: comunque non superiore a tre fino alla fine del comma.
13. 29. Rizzo, Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Sopprimere il comma 5.
**13. 34. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo.

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 13.07. della Commissione.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, sopprimere il comma 1.
*0. 13. 07. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, sopprimere il comma 2.
0. 13. 07. 9. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, comma 2, sostituire le parole da: non devono creare fino alla fine del comma con le seguenti: devono creare un numero di embrioni correlato all'età della donna e alla tecnica utilizzata.
0. 13. 07. 10. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, comma 2, sostituire le parole da: ad un unico fino alla fine del comma con le seguenti: ad almeno due fecondazioni della donna.
0. 13. 07. 11. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, sopprimere il comma 4.
*0. 13. 07. 12. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13.07 della Commissione, comma 5, dopo le parole: informati sul numero aggiungere le seguenti: e, su loro richiesta, sullo stato di salute.

Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire la parola: trasferiti con le seguenti: da trasferire.
0. 13. 07. 203. La Commissione.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, sopprimere il comma 6.
0. 13. 07. 13. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

All'articolo aggiuntivo 13. 07. della Commissione, sopprimere il comma 7.
0. 13. 07. 14. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Boato.

Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:
Art. 13-bis. (Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni). - 1. È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni.
2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.
3. Qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.
4. Ai fini della presente legge è vietato l'aborto selettivo di gravidanze plurime.
5. I soggetti di cui all'articolo 5 sono informati sul numero degli embrioni prodotti e trasferiti nell'utero.
6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro.
7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di cui al presente articolo.
8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto.
9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
13. 07. La Commissione.

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 16 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 16.
(Disposizioni transitorie).

Sopprimerlo.
*16. 1. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 2.
*16. 8. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 3.
*16. 11. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 4.
*16. 13. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 5.
*16. 19. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 6.
*16. 22. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.

Sopprimere il comma 7.
**16. 24. Maura Cossutta, Pistone, Bellillo, Zanella.


Frontespizio