Doc. IV-quater, n. 23-bis





Onorevoli Colleghi! - A nome di componenti della Giunta che non hanno aderito alla proposta - poi risultata maggioritaria - di insindacabilità delle dichiarazioni del deputato Barani nella causa intentata nei suoi confronti dalle ASL della Toscana, riferisco sull'effettivo tenore della questione e propongo che l'Assemblea respinga la proposta della maggioranza della Giunta.
Valga il vero.
Pur nell'ambito di una qualche contraddizione, la regione Toscana da vario tempo è venuta a dover affrontare il problema del deficit di bilancio della ASL Massa 1.
Il direttore generale pro tempore, Antonio Delvino, fu rimosso dal Presidente della regione Rossi e poi sottoposto a procedimento penale, come lo stesso on. Barani ha ritenuto di far sapere alla Giunta per le autorizzazioni producendo un provvedimento in favore dello stesso Delvino, con cui è stata annullata una misura cautelare personale nei suoi confronti.
Già questo elemento contribuisce tuttavia a tratteggiare un panorama assai problematico, nel quale occorrerebbe che tutti i protagonisti (il Presidente Rossi, i dirigenti che si sono succeduti nel tempo a capo delle varie ASL, e a maggior ragione il deputato Barani) si attenessero alla massima sobrietà e cautela e al più scrupoloso rispetto della legge.
Contravvenendo a questa necessità e sorvolando sulla palese contraddizione tra la critica al sistema sanitario toscano e la sua appartenenza allo schieramento che appoggia Presidenti di Giunta regionale indagati per fatti legati alla gestione sanitaria (fatti che lo avrebbero dovuto indurre alla prudenza), il collega Barani si è spinto ad accusare le ASL riunite nel c.d. SIOR di favorire le infiltrazioni mafiose nei lavori pubblici della Toscana.
Che la mafia dei colletti bianchi sia un fenomeno preoccupante da cui purtroppo nessuna area del Paese è immune è fatto notorio. Che occorrano presidi robusti e pratiche trasparenti per arginare il fenomeno è altrettanto evidente. Ma intanto sarebbe ovvio che le critiche e le rampogne non pervenissero da chi appartiene a un partito che sistematicamente contesta l'azione della magistratura e cerca ostacoli al funzionamento - normativo ed organizzativo - degli strumenti di lotta alla corruzione, come è avvenuto anche in occasione del recente esame sul disegno di legge di contrasto alla corruzione. E soprattutto è altrettanto chiaro che per accusare personalità professionali e tecniche di voler favorire la criminalità organizzata è assolutamente necessario avere le prove.
L'on. Barani di simili prove non dispone e quindi non le può esibire nel giudizio come exceptio veritatis. Perciò corre dal Presidente della Camera e dalla Giunta per le autorizzazioni per chiedere lo scudo immunitario.
Il relatore di maggioranza riconosce che non vi sono atti tipici della funzione parlamentare idonei a fornire la base contenutistica per l'insindacabilità ex articolo 68, primo comma, della Costituzione. Egli è costretto a ricorrere all'espediente argomentativo del c.d. atto atipico che consisterebbe nella denunzia che il medesimo on. Barani ha presentato a varie autorità giudiziarie della Toscana per denunziare quelle che lui ha ritenuto le molte anomalie nell'appalto per la costruzione di quattro nuovi ospedali a Massa, Lucca, Pistoia e Prato. Nel testo di questa denunzia, sulla cui fondatezza evidentemente non spetta alla Camera pronunziarsi, egli sostiene che vi sarebbero delle intercettazioni in possesso di varie procure della Repubblica dalle quali emergerebbero pressioni sul Consiglio di Stato volte a indurre quest'organo di appello ad annullare una sentenza del TAR Toscana che aveva annullato le procedure di valutazione delle proposte di project financing relative alla costruzione dei predetti ospedali. Secondo la denunzia dello stesso on. Barani tali intercettazioni, unitamente a varie consulenze legali, bancarie e tecniche, contribuirebbero a far dire «che la Toscana non è l'ultima regione del nord ma è la prima del sud in quanto ad associazione ed interessi, per non dire di veri serbatoi di criminalità organizzata». Secondo il Barani, si potrebbero trarre varie conclusioni dall'intervista del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso al conduttore Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa del 3 aprile 2011: «1. la criminalità organizzata ha colonizzato ampie parti del territorio nazionale; 2. il fenomeno delle mafie va affrontato con la consapevolezza della natura del territorio: le mafie non sono solo un fenomeno criminale puro; comportano un'intermediazione di interessi con altre parti della società: ...amministratori pubblici, politici...; tendono a selezionare la classe dirigente per poter meglio difendere i propri interessi; con lo scambio di voti intendono difendere i propri interessi e si attendono lauti affari, compensi, corruzione; 3. specialmente dove intendono fare gli affari, le mafie compiono poca attività criminale di violenza, rendendosi così poco visibili; 4. pertanto non è accettabile che pubblici amministratori facciano affarismo senza porsi il problema di chi c'è dietro; 5. molto spesso la mafia s'infiltra nelle imprese lasciando la titolarità al vecchio proprietario lasciandolo come un simulacro; 6. è difficile riconoscere dove si annida la mafia; 7. i profitti illeciti realizzati al Sud sono reinvestiti in aree a più alta redditività, dove è più facile confondersi con il sistema perché c'è maggiore attività imprenditoriale. La mafia non investe al Sud, ma in altre zone del Paese; 8. i metodi mafiosi consistono nell'eliminare la concorrenza e le regole del pubblico mercato; le imprese mafiose sono avvantaggiate perché non pagano i contributi previdenziali, ricorrono al lavoro nero, dispongono di denaro a costo zero, inquinano l'economia; 9. vorrei che nel reato di scambio elettorale politico-mafioso, oltre il denaro, sia inserito qualunque vantaggio ottenuto in cambio della promessa di voto; "ti occupi di farmi avere voti, in cambio della promessa di qualche utile, magari maturato nel tempo"; 10. la selezione della classe dirigente deve essere del popolo, non della mafia».
Appare evidente come questa sia una denunzia generale che qualsiasi cittadino può sporgere e che essa non connota in alcun modo la specifica funzione parlamentare, come è stato chiaramente stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 294 del 2002. Sostenere che essa sia un atto parlamentare atipico contraddice il fatto che essa sia stata inviata solo per conoscenza al Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta.
Inoltre, anche a prendere per buono il ragionamento del relatore di maggioranza, non v'è analogia di contenuto tra il sostenere, in via generale, che la mafia si inserisce nei meccanismi amministrativi di spesa e invece in modo specifico che in tutte le ASL della regione Toscana «ci sono infiltrazioni di stampo criminale che starebbero facendo grossi investimenti, da centinaia di milioni di euro, trovando in Toscana uno dei terreni più fertili del nord Italia». Né si può ravvisare un'analogia di contenuto tra quanto riportato nella denunzia e l'affermare che «il consulente SIOR avrebbe ignorato i limiti di legge sul subappalto quando è noto che il ricorso selvaggio favorisce infiltrazioni mafiose».
In alcuni passaggi successivi della denunzia presentata all'autorità giudiziaria, il collega Barani intende porre le affermazioni del procuratore Grasso in relazione alle scelte effettuate in Toscana, come per alludere a un legame tra le infiltrazioni mafiose e le scelte sanitarie in Toscana; ma in tali passaggi del documento valo- rizzato dal relatore di maggioranza si parla di Enrico Rossi, dell'ex Presidente della Giunta Claudio Martini e del solo Bruno Cravedi, direttore generale della ASL di Prato ma non degli altri tre attori, direttori generali rispettivamente delle ASL di Massa e Carrara, di Lucca e di Pistoia, ingiustamente accusati di gravissima infedeltà istituzionale.
Per questi motivi, l'insindacabilità parlamentare non si può applicare al caso qui esaminato e invito l'Assemblea a respingere la proposta della Giunta.

Federico PALOMBA, relatore di minoranza


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